Forse un gesto di rabbia covata da tempo, forse una reazione istintiva alla vittoria, ma quello di Justin Gatlin è stato un atteggiamento umano e comprensibile.
Usain Bolt istrionico e simpatico, da sempre mitizzato è stato sconfitto.
Sconfitto dall’avversario che aveva battuto alle ultime Olimpiadi, da un atleta americano che è sempre stato vituperato, umiliato e offeso (forse potrebbe contendersi con Donald Trump, la palma del personaggio più odiato).
Oggi, Justin Gatlin celebra una vittoria che lo ripaga di tutto questo passato e lo fa con signorilità, perché dopo il gesto di portare il dito verso la bocca, comunicando allo stadio e al mondo di stare in silenzio, s’inchina di fronte a Bolt che si avvicinava per complimentarsi, omaggiando lui e la sua storia.
Poi a quel punto è scoppiato a piangere come un bambino, anche di fronte alla nostra telecronista, alla fine dell’intervista.
Credo che questa vittoria, o meglio questa sconfitta di Bolt, ci insegni una semplice cosa, bisogna sapersi ritirare, dopo l’ultima vittoria ( Bearzot -Lippi, Campionati del Mondo 1986- 2010, docet) e poterla festeggiare nel tempo, per sempre.
Baldassarre Aufiero, agosto 2017 – © Mozzafiato