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Vulgus vult decipi, ergo decipiatur

 CARA AMICA LIBERTÀ 

La libertà è la cosa più costosa e faticosa che ci sia, in termini di impegno, di relazioni e anche-e sopratutto-di denaro; peraltro ognuno ne ha una versione propria, insindacabile ed inviolabile, come quella di ciascun altro.

La libertà non è solo quella di espressione o di movimento (già da tempo e ora viepiù compromesse), ma anche necessariamente quella economica, di operare ed essere premiati/puniti sul mercato a seconda del proprio merito e del proprio impegno; atteggiamento diametralmente opposto a quello ri-emergente di rifugiarsi nei redditi certi e nelle rendite, per chi può, o nei sussidi, per tutti gli altri.

  Ahimè spesso ci si illude che la libertà sia gratis, o che sia data di default, o che possa essere tolta solo con le armi, o che una volta ottenuta sia per sempre, senza necessità di difenderla ogni giorno; soprattutto da parte di chi, magari solo per motivi generazionali, l’ha trovata pronta e servita, dimenticandosi o ignorando che è stata ottenuta a caro prezzo e con gran fatica da chi è venuto prima, che però è troppo lontano nel tempo per essere ricordato o interpellato, anche per via mediata da una generazione ponte.

Ma perché la libertà fa paura a molti?
Ma perché molti preferiscono-anche consapevolmente quindi-essere raggirati e quindi inevitabilmente asserviti, che essere semplicemente informati e quindi liberi, come ben sanno molti governanti in ogni luogo?
Perché è più comodo ubbidire ed eseguire, attività facile e sicura, che scegliere e decidere, attività difficile e rischiosa. Peccato che così si soddisfino i desideri e gli interessi degli altri, quasi mai coincidenti con i propri; a volte non lo sono neppure se quegli altri sono i familiari più stretti, figurarsi se sono le controparti, istituzioni comprese, nonostante che molti si ostinino a credere che così sia.
Perché è più comoda la linearità della presunta e pretesa verità, esito della semplicioneria e della superficialità, che il rovello del dubbio, frutto del ragionamento e della cultura; così non bisogna pensare, cosa impegnativa ed attiva, ma soltanto ascoltare, cosa agevole e passiva.

 Un po’ come alcuni in fondo non disdegnano più di tanto essere rinchiusi in una comunità, in una residenza o persino in una prigione piuttosto che dover decidere ogni cosa di persona in ogni momento. In fondo basta seguire qualche regola…di soggezione e si è sicuri, protetti e mantenuti. Ma almeno costoro decidono solo per sé, e non per tutti gli altri.
A costoro e a tutti gli altri si ricordi che la sicurezza senza libertà si chiama reclusione; che la salute senza libertà si chiama ospedale; che il dissenso senza libertà si chiama dittatura; che la diversità senza libertà si chiama manicomio.

La libertà ha un prezzo, alto; essendo il bene/diritto primario; nessun altro bene/diritto ha senso senza di questo.

In conclusione, in libertà verrebbe da dire…Chi vuol essere ingannato sia!
Peccato però che nelle società attuali, basate sul dominio delle maggioranze sprovvedute, costui trascini con sé nella sudditanza pure le minoranze avvedute.

Il Conte, novembre 2020 – © Mozzafiato

Ufficio Stampa