QUELL’ELOQUIR TURPE
Tutti i media (persino spesso quelli meno popolari, come radio e giornali) sono fradici di volgarità; nel contenuto (ma questa è un’altra storia) e nella forma.
Per il contenuto ognuno si qualifica per i temi a sé cari; per la forma anche, però è ancor più grave quando è triviale ma abbinata a temi invece dignitosi.
Non è ovviamente questione di moralismo, figurarsi se qualche parola può turbare l’animo, ma di buon gusto comunicativo; quasi di estetica e di eleganza: molte espressioni possono turbare la bellezza e l’armonia acustica; oltre che stridono al solo sentirle.
Perché mai tutto questo bisogno di linguaggio da galeotti, oltre che di retorica a dir poco sciatta (o di assenza di retorica tout court)?
Sembra quasi di assistere ad una regressione alla dialettica da pre-adolescenti; e spesso pure da parte di più che maturi professionisti.
Forse perché i moderni oratori sono sedotti dal plauso largo e facile, avvitandosi così in un circuito vizioso: pubblico volgare-linguaggio volgare-pubblico ancor più volgare; e così pure legittimato!
Proprio come molti dei moderni politici, sedotti solo dal consenso ampio e immediato, prigionieri (o compiaciuti ospiti?) del circolo vizioso: sentimento dozzinale-scelte dozzinali(e in buona sostanza dannose)-sentimento ancor più dozzinale;e così pure santificato! Nulla di nuovo, peraltro; ricorda qualcosa la vecchia idea di oclocrazia di Polibio e Platone?
Ricordando un già menzionato-e disatteso!-antico motto educativo, “non è l’insegnante (il giornalista, il politico, il presentatore) che deve abbassarsi, ma l’allievo (il lettore, l’elettore, l’ascoltatore) che deve elevarsi”.
Per i concetti scabrosi è così divertente e stimolante cercare iperboli e perifrasi, allegorie e metafore usando le chiavi dell’ironia e del sarcasmo, se necessario. E se uno non ne è capace? Beh, non è neppure obbligatorio che comunichi alle moltitudini.
Se poi proprio si vuol parlar greve, perché non rispolverare gli antichi epiteti e dileggi, che suonano oggi così gustosi e fascinosi? Quanta nostalgia per il manigoldo e il gaglioffo, il lestofante e il fellone, ma ovviamente non si trovano nei dizionari di scrittura elettronica veloce!
Si sa, son tempi bui, anche se-vivendoli-molti non se ne accorgono neppure; così come probabilmente non se ne accorgevano i coevi dei Barbari o degli Inquisitori.
L’eloquir forbito (ma anche solo civile e corretto!) è morto, come il fascino, di cui si è già detto (vedasi). Anche di questo, come di quello, attendiamo fiduciosi una resurrezione; possibilmente prima che passino tanti altri lustri.
Il Conte, aprile 2019 – © Mozzafiato
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