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DUE GOCCE DI VELENO

Una storia cruda, potente e drammatica, quella rappresentata ieri sera al Multisala Planet di Siracusa, con lo spettacolo “DUE GOCCE DI VELENO”, della regista Tatiana Alescio.

Tratto fedelmente dal racconto “La Siciliana”, della scrittrice Maricla Di Dio Morgano, presente ieri a teatro, lo spettacolo ha come protagonista Rosaria Siciliano, giovane donna a cui il destino o una tragica fatalità hanno dapprima sottratto 3 figli, morti di parto o poco dopo la nascita, poi lo stesso marito, di cui è perdutamente innamorata, che rimane allettato e ridotto ad un “mezzo uomo” a seguito di un terribile incidente, avvenuto in circostanze misteriose.

Trovandosi di fatto sola, la Siciliana tira avanti, nonostante tutto, con energia e positività (“E facciamolo entrare un poco di sole in questa casa!”) fino a che un destino beffardo si accanisce nuovamente contro di lei, vittima della sopraffazione e delle angherie violente, psicologiche, fisiche e carnali di Nardo, il prepotente di turno, da sempre “innamorato” di lei. Rosaria è da Nardo considerata alla stregua di una cosa che “debba” appartenergli.

Dall’unione con Nardo, furtiva e morbosa, viene concepito Melo, il figlio non desiderato, quello che la madre vorrebbe abortire, perché non è figlio di Saro, marito di Rosaria e suo grande amore. Ma sarà proprio Saro, appresa la verità, con uno slancio nobile, ad amare intensamente e a crescere come suo Meluccio, il bambino che ha ridato gioia alla famiglia, donando una felicità ormai insperata. Ma Melo “figlio di una bestia è”, ammette amara la Siciliana, e cresce spavaldo, sempre più simile al suo vero padre.

Le “Due gocce di veleno”, il seme pazzo lasciato da Nardo nel corpo di Rosaria, non tardano a rivelare la loro natura cruenta e Melo si rende colpevole di un duplice, efferato delitto: quello di una giovane donna e della sua bambina. Di fronte all’ennesimo atto di violenza, la Siciliana si ribella, non starà a guardare stavolta, e con tutta la rabbia e la lucida follia di cui è capace, compie il più drammatico e folle dei crimini: l’uccisione del figlio, quel “sangu pazzu” che, per Rosaria, non sarebbe dovuto neppure nascere. E solo allora, ormai liberata, la donna rientra quietamente a casa dal marito.

La Siciliana è una storia inventata, ma ha dei riferimenti concreti all’attualità, nei violenti fatti di cronaca di mamme assassine e figlicide, depresse o mostruosamente lucide e razionali. A Tatiana Alescio, regista e grandissima interprete, ad una scenografia attenta, all’interpretazione magistrale degli attori, si deve il merito di avere regalato le emozioni della storia di Rosaria, Medea siciliana, e della sua follia, frutto di un’involuzione lenta, di una depressione che avvolge la donna per anni, come una nube cupa. In una terra dimenticata da Dio e dagli uomini, a Rosaria non rimane che farsi giustizia da sé, con un colpo di scena tagliente come una lama affilata. Originale, poi, l’espediente tecnico con cui le “due gocce di veleno”, il liquido seminale da cui nascerà Melo, prendono forma e corpo, vigore e sostanza, insinuandosi nel corpo della Siciliana e nell’immaginario dello spettatore, spiazzato ed avvinto da una “storia che appiccica” addosso, come il sale, la sabbia e l’arsura di quella terra arroventata in cui si svolgono gli eventi: l’entroterra siciliano nei primi del Novecento.

Carmen Perricone, maggio 2018 – © Mozzafiato

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