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HAMMAMET – molto rumore per poco

Diciamolo subito: la performance attoriale di Pierfrancesco Favino è assolutamente straordinaria. Non solo per la trasformazione somatica (ci sono un paio di inquadrature in cui il dubbio se si tratti  dell’ “originale” o del “replicante” è molto forte), ma anche sull’interpretazione della postura, della dizione (Favino sa ‘sintonizzarsi’ su varie cadenze e parlate dialettali) , dei tic e degli atteggiamenti gestuali.

Detto questo, ahimè, rimane ben poco; è il materiale drammaturgico ad essere decisamente poco e quindi assistiamo ad una sceneggiatura ‘piatta’, priva  di snodi forti, alla fine un po’ annoiante.

Si assiste alla “tragedia di un uomo NON ridicolo” e lo spettatore rimane sul proprio giudizio della vicenda Craxi (nel merito del quale non voglio assolutamente addentrarmi), in quanto il film non cerca in alcun modo di spiegare qualcosa, addirittura spesso apportando confusione con l’introduzione di personaggi non riconoscibili, come quelli interpretati dalla Gerini o da Carpentieri.

Oltretutto il resto del cast non regge minimamente il paragone con Favino, anche a causa di dialoghi spesso banali. L’unico momento con un po’ di pathos è quello in cui il figlio Bobo , anch’egli interpretato da un giovane attore con una impressionante somiglianza, canta “piazza grande” per accusare il padre, che si commuove senza farlo troppo vedere, di essere stato troppo lontano , fagocitato della sua avidità politica.

Marco Ettore Massara, gennaio 2020 – © Mozzafiato

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