Matteo continuava a girarsi nel letto.
Non riusciva a prendere sonno.
Forse l’ultimo viaggio transoceanico, il jet lag non ancora smaltito.
E poi, quando era sindaco di Firenze, non viaggiava così spesso e quando lo faceva era soprattutto per piacere.
Ma c’era qualcosa che non andava. Una specie di nervosismo interno.
Si, sicuramente mille impegni da affrontare ma, fino a ieri, era tranquillo.
Però l’elezione del Presidente della Repubblica lo teneva in tensione.
Agnese stanca di questo continuo agitarsi del marito, esclamò:
“Ascolta Matteo, vado nell’altra stanza, prendi la tisana e quel leggero sonnifero”.
Quando la moglie lasciò la stanza, Matteo si sentì più tranquillo, non riusciva ancora a dormire, ma l’inquietudine interna era calata notevolmente.
A un certo punto gli sembrò di sentire una voce lontana con il tipico accento fiorentino.
“Oh grullaccio”. Aprì gli occhi e si trovò di fronte tre persone vestite in costume, come nelle feste in maschera dei borghi toscani. Ma guardandoli meglio rimase sbalordito.
Erano Dante Alighieri, Leonardo da Vinci e Niccolò Machiavelli.
Lo fissavano con la tenerezza con cui si guarda un figlio.
Dante si avvicinò e gli disse: “Virgilio mi ha detto che devi scegliere un Arbiter elegantiae e non un uomo imparziale”.
Leonardo continuò: “Nessun uomo è imparziale, solo l’eleganza e la bellezza salveranno questo nostro meraviglioso paese”.
Machiavelli aggiunse: “Un Principe deve esprimere nobiltà e contemporaneamente semplicità, ricordalo Matteo”.
Dopo queste parole di Niccolò, così come erano apparsi, scomparvero e Matteo finalmente si addormentò.