Qual è il senso della vita in un mondo in cui la morte è onnipresente e ogni speranza sembra spegnersi?
Questa domanda è il sostrato dello spettacolo La Strada tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy, andato in scena lo scorso giovedì 30 maggio presso il Teatro Franco Parenti di Milano.
Un canto a due voci, quelle di Massimo Recalcati e Mario Perrotta, che riprende alcuni passi significativi del romanzo e ne accompagna la lettura attraverso una riflessione esistenziale che intreccia la filosofia, la religione e la psicologia.
Attraverso una scenografia minimalista, caratterizzata semplicemente da due sedie, emerge un senso di isolamento in linea col testo, ma di concentrazione e ascolto per gli oratori che l’hanno fatta vivere.
L’illuminazione sottolinea l’aspetto cupo e desolato dello scenario, mentre la musica e gli effetti sonori accentuano l’atmosfera tetra e inquietante che permea l’intera performance.
In questo scenario metaforico, la strada percorsa dai due protagonisti, un padre e un figlio simbolo di due generazioni, diventa un’implacabile metafora dell’infinita lotta per la sopravvivenza che affrontiamo nella vita.
La loro camminata è una danza feroce tra il nulla e l’essere, un’eterna ricerca di senso in un mondo dove il senso stesso sembra essere stato divorato dalla desolazione.
È un’indagine profonda sulla nostra esistenza, una condanna alla condizione umana, in cui siamo costretti a confrontarci con le nostre paure più profonde e a guardare nelle profondità più insondabili dell’abisso.
Il senso di impotenza e di ineluttabilità davanti alla realtà diventa l’eterna condanna alla nostra natura vulnerabile.
Eppure, in questa dannazione, si cela anche una forma di libertà: l’opportunità di scegliere come affrontare la sfida dell’esistenza e come dare significato alle nostre vite in un mondo che sembra esserne privo.
Allora, forse, quel mondo apocalittico è già il nostro mondo.
Chiara de Stefano, giugno 2023 – @Mozzafiato