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“L’incertezza di poter ricominciare”

Se per Nietzsche a rendere folli è la certezza e non il dubbio, di sicuro per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone è il contrario: i due Fucilieri della Marina hanno iniziato il percorso di follia e disperazione quattro anni fa, per l’esattezza il 15 febbraio 2012.

Quel fatidico giorno in cui la loro nave (Enrica Lexie) incrociò un peschereccio indiano e; scambiandoli per pirati, spararono, ferendo a morte due pescatori indiani in acque internazionali.

italian marines_4_0_0_0_0_0_0_0_0_0_0_0Da allora la vita dei due marò cominciò a diventare un conto alla rovescia interminabile, lontani dalla famiglia; esiliati in un paese straniero. Massimiliano Latorre a seguito di un permesso provvisorio per malattia  (per curare l’ictus che l’aveva colpito) è riuscito a rientrare in Italia, Salvatore Girone; invece, dovrebbe tornare tra qualche settimana.

Il Tribunale dell’Aja ha accolto la richiesta del governo italiano di riportarlo nella sua patria, dove resterà sotto le autorità della Corte suprema indiana, durante l’arbitrato internazionale. Per Salvatore Girone sarà di sicuro positivo far ritorno alla sua terra ma l’incubo non è ancora finito. La sua vita, e quella di Latorre, è ancora sospesa, congelata nell’incertezza di ciò che gli aspetta. La tortura peggiore che l’essere umano possa subire; oltre alla privazione della propria libertà, è quella di: “non sapere”. Non sapere se ci saranno per i loro figli quando avranno bisogno del padre, per le loro mogli, non sapere se e quando potranno “riprendere” la loro vita da dove l’avevano lasciata.

Finché non si giungerà ad un verdetto ufficiale continueranno a vivere in una condizione psicologica devastante; se non altro, nella propria terra, più vicini ai loro affetti.

Con la speranza che, la loro rotta, segua un cammino più luminoso, rispetto a quella della loro nave.

Marianne Perez Lopez, maggio 2016 – © Mozzafiato

Era il 15 Febbraio 2012 quando dei colpi furono esplosi in direzione del peschereccio St. Antony al largo delle coste indiane e uccisero due persone. A sparare furono i fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Da quel giorno la loro vita non è stata più la stessa. A distanza di oltre quattro anni il contenzioso tra Italia e India è ancora in corso. Un caso che si poteva definire giuridico si è ben presto trasformato in politico, una questione internazionale, con il tribunale de L’Aia che solo qualche giorno fa ha deliberato sulla questione, affermando che “l’Italia e l’India dovranno cooperare” e che “il sergente Girone, pur rimanendo sotto l’autorità della Corte Suprema dell’India, potrà fare ritorno in Italia durante l’arbitrato”.

Sentenza che fa quasi pensare “Beh, tutto sommato niente male”, il che spiega abbastanza chiaramente l’agonizzante tira-molla con il governo indiano negli ultimi anni.

Senza contare che nessuno si è pronunciato su Latorre, rientrato in patria a fine 2014 solo “grazie” (si fa per dire…) ad un’ischemia. L’Italia non ha fatto molto sulla questione, o meglio, è stata incapace di imporsi: né con il governo Monti, né con quelli di Letta e Renzi. Ha preferito una linea moralmente corretta quando ha lasciato che sia Latorre che Girone tornassero in India al termine di un breve periodo di permanenza nello Stivale, non venendo però ricambiata con la stessa moneta e non dimostrandosi capace di farsi rispettare a livello internazionale.

Un’assenza di polso che si era evidenziata già in passato, a parti invertite, con gli Stati Uniti in seguito all’incidente del Cermis nel 1998, in cui morirono venti persone dopo che un aereo militare americano tranciò una funivia facendo precipitare una cabina.

Di quattro membri dell’equipaggio, ne furono processati (negli USA) solo due, per un massimo di sei mesi di condanna ridotti poi a quattro e mezzo.

Insomma, la moralità ha poco a che fare con le relazioni internazionali, ma l’Italia non sembra saper scegliere né l’una né l’altra via. 

Francesco Manzi, maggio 2016 – © Mozzafiato

Ufficio Stampa