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“Talis pater, talis filius”: (Monaldo Leopardi)

Nacqui al mezzo giorno il dì 16 agosto 1776 dal Conte Giacomo Leopardi di Recanati e dalla marchesa Virginia Mosca di Pesaro… il mio buon padre morì nel 1781 avendo egli 39 anni ed io non più che quattro anni compiuti… ad onta della tenera età in cui lo perdetti ricordo il mio genitore… una sera in cui annoiato della mia importunata mi comando di sedere fino a nuovo ordine, sicché partito egli senza ricordarsi di toglierlo io ricusava di andare a cena e a letto per timore di essere inobbediente. (Monaldo Leopardi, Autobiografia e dialoghetti, a cura di Alessandra Briganti, Cappelli editore 1972, p. 61).

La figura del Conte Monaldo Leopardi, padre del famoso Giacomo, è stata spesso ritratta nei manuali scolastici come un padre padrone, rigido e severissimo con i figli.

Nei campioni di scrittura riportati in questo mio contributo fra i grafemi emerge qualcosa di diverso di quest’uomo che dall’età di diciott’anni, investito da un grande senso di responsabilità nei confronti della sua famiglia, decise di vestirsi di nero per l’intera sua esistenza.

Nel primo campione di scrittura in un quaderno di famiglia Monaldo annuncia la nascita del figlio Giacomo. Nel secondo (31 agosto 1814) segna con orgoglio i successi del figlio per la conoscenza del greco antico da lui acquisita come autodidatta. Nel terzo (18 giugno 1842) registra la conclusione di un contratto di due suoi possedimenti elogiando la buona e moderata economia di Adelaide mia moglie, la quale è stata, ed è, il ristauro e la benedizione della nostra Casa, e infine nel quarto la firma.

 

Ad un primo sguardo grafologico d’insieme un segno importante risulta il piantata su rigo (appoggiata nella grafologia francese) che rivela stabilità, fermezza e rigida immobilità ai comandi ricevuti e a quelli da dare con un bisogno di dominare e tratti di impulsività (lanci sopra alcune t). In un’analisi più approfondita le grandezze non sempre omogenee, i segni di ammaccature e alcuni puntini sospesi delle i ci dicono anche di una segreta, e forse non consapevole, fragilità (si veda in particolare la firma vibrante di sensibilità e insicurezza).

Non esiste mai un’unica verità che possa recintare con giudizi e definizioni chiuse il mistero dell’essere umano e la grafologia, come altre discipline umanistiche, ci educa sempre ad una visione multiprospettica e aperta alla variabilità del nostro essere.

Monica Ferri, maggio 2023 – © Mozzafiato

FONTI

– Elena Manetti, Che fai tu luna in ciel

– Monaldo Leopardi, Autobiografia e dialoghetti (a cura di Alessandra Briganti), Cappelli editore 1972.

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