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Il successo dei peggiori

 IL COSTO DELLA REGOLA

Ogni regola implica un costo esplicito, monetario o meno che sia, per il suo rispetto.
Qui però interessa il costo-opportunità (mancato guadagno per la rinuncia alla miglior scelta alternativa), sempre presente come costo implicito e quindi spesso dimenticato, sottovalutato o trascurato. Ancor più perversa è la selezione avversa che ne consegue. Molto semplice: le persone di talento devono dedicare parte del loro ingegno, della loro efficienza, del loro tempo prezioso per rispettare gli adempimenti imposti dalle regole, spesso peraltro insulsi, inutili o pretestuosi, a supporto di norme che quasi sempre sono dello stesso tenore. Energie che avrebbero potuto essere ben più proficuamente impiegate per sé e per la società, la stessa che ha imposto le regole e che così si autoflagella.In alternativa qualcuno utilizza le proprie preziose facoltà per aggirare la regola, e così si ricade nella trappola di prima, aggravata a volte dalla condotta illecita.
Ovviamente più regole ci sono e più il meccanismo è penalizzante, per sé e per tutti.
Cui prodest?  In un tale contesto è evidente come sia favorito, oltre a chi ha imposto la regola (che ne incassa il dividendo, monetario o meno che sia), chi è  protetto dalla regola, o direttamente poiché destinatario di benefici, o indirettamente perché senza regola sarebbe espulso/marginalizzato dal mercato. Costoro per definizione non possono che essere i meno capaci e i meno efficaci. Costoro si beano delle regole, che peraltro consentono loro di pensare poco o nulla e di intraprendere ancor meno, cullandosi nella facile, comoda e tutelata ubbidienza. Più si ubbidisce e più si è difesi dal sistema e dalle sue costruzioni, più si è promossi come virtuosi e di successo. E viceversa.

La regola protegge, indipendentemente dal fatto che funzioni o no, chi vi si è adeguato, chi ha ceduto ad altri, anzi, peggio, ad un sistema sovraordinato, il diritto di decidere per sé; e penalizza/discrimina tutti gli altri, rei di voler continuare a pensare e decidere con la propria testa. Ognuno può trovare esempi vicino a sé nel ridondante e faraginoso impianto burocratico e normativo del mondo che ci circonda.

Una società siffatta è votata, a livello individuale alla povertà (salvo i protetti, che per definizione non possono essere che pochi) e a livello collettivo alla staticità, alla vecchiaia delle menti e dei corpi; e alla decadenza.

Spesso poi la regola è dolosamente o almeno colposamente punitiva verso chi senza di essa, grazie alle proprie abilità, otterrebbe benefici superiori a quelli di chi ha imposto la regola stessa (o di coloro di cui si vuole ottenere il consenso): dunque serve per tutelare la propria inefficienza e sacrificare il merito altrui secondo il bieco ragionamento che se non posso/non riesco/non voglio ottenere una cosa io, allora non devono ottenerla neppure gli altri. Una specie di livellamento verso il basso d’autorità, con buona pace dei talenti e delle loro gratificazioni, del progresso e dello sviluppo, nonché del liberalismo.

C’è poi il costo occulto della regola: la frustrazione psicologica per non poter esprimere le proprie potenzialità in quanto tarpate appunto dalla regola stessa e per non riuscire, se la regola è pervasiva, ad aggirarla;  quindi per dover sottostare a tutto un sistema di vincoli, obblighi, divieti che possono pure essere tollerati e ahimè spesso pure apprezzati dalle persone inette, banali e sottomesse, ma non dagli spiriti liberi, dinamici e capaci.

Danno e disagio solo individuale? Nient’affatto! Tutto ciò si traduce in minor produttività culturale,scientifica,tecnica,artistica e quindi in un danno per il progresso e la società, oltre che per l’economia presente e futura.

Quindi niente regole? Ovviamente non è possibile né auspicabile; ma meno regole, solo quelle essenziali, meno bizantine, meno illogiche e meno merito-penalizzanti sì.

Il Conte, gennaio 2023 – © Mozzafiato

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