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E’ TROPPO FACILE…

Sarà capitato anche a voi sentirsi rispondere “è troppo facile dire… è troppo facile fare…” quando “osate”  proporre soluzioni dettate da logica e buon senso di immediata e semplice applicazione a problemi di pubblico dominio.
Sembra che la “semplicità” sia un valore non più tanto di moda in una società moderna sempre più cervellotica e complicata, a cominciare dai rapporti impersonali che sono alla base della conservazione  della nostra specie: quello fra uomo e donna.
Un tempo ci si innamorava, ci si fidanzava, ci si sposava e si avevano dei figli. Semplice e logico: se io ti amo, voglio stare con te per tutta la vita, anche perché noi siamo padre e madre per sempre.
Lo so, mi direte che è troppo facile, che è un concetto ideale, che le persone cambiano, e che nel 2019 questo è anacronistico, e, qualcun altro dirà, fa anche un po’ fascista. Oggi, spesso, i genitori non sono più, borghesemente (direbbe qualcuno), marito e moglie, ma “compagni”: compagni di cosa? Venditti cantava “compagni di scuola, compagni di niente”, perché i compagni si dividono alla fine di un percorso scolastico, o quando, nello sport, indossano casacche diverse.
Mi si obietterà che i matrimoni finiscono: vero, ma le premesse, almeno, sono comunque diverse, assumendo un impegno anche formale e non solo nella sfera privata.
Troppo facile dire di sì per sempre: più chic spacciare l’assenza di impegno come una forma di rispetto dell’altrui individualità e più “interessante” deistituzionalizzare l’unione uomo-donna per giustificare ogni pulsione alla libertà più sfrenata, salvo, però, tollerare e, anzi, promuovere l’introduzione di modelli di famiglia ancora più integralisti del nostro, quale è quello islamico. Un cortocircuito inspiegabile.
Insomma, se scende acqua dal cielo, è troppo facile dire che piove; se scoppia un incendio, troppo facile gridare che ci vuole l’acqua per spegnerlo; se uno ha lo stomaco vuoto, troppo facile dire che deve mangiare per riempirlo.
Troppo facile dire che si devono chiudere i porti, e, direbbe sempre questo qualcuno, anche un po’ xenofobo. Cosa dovrebbe dunque fare un paese che, al suo interno, ha già molteplici problematiche e criticità che tarda e stenta a risolvere? Importare nuovi poveri e nuovi problemi?
Questa intellettualizzazione (o pseudo tale) ha colpito anche l’Arte: troppo facile ammirare Michelangelo o Raffaello, roba scontata, magari meglio Leonardo, visto che ricorre un anniversario, e va tanto di moda, più chic accostarsi al misterioso mondo della scultura contemporanea fatta di colate di bronzo senza forme; troppo facile ascoltare Mozart, così prevedibile e cristallino, molto più interessanti certi brani di Berio o Bussotti, che provocano sbadigli e paludi di noia, ma provano l’intelligenza ed il buon gusto degli ascoltatori.
I prodotti migliori dell’umanità, in realtà, sono i più semplici: Giotto dovette solo tracciare un cerchio perfetto a mano libera per convincere Cimabue del suo talento, il famoso inciso della Quinta di Beethoven è costituito solo da quattro note, le fiabe più elementari sono eterne e non passano mai di moda.
Oggi, per tutto ciò che è “troppo facile”, hanno dovuto inventare addirittura un termine specifico: populista.
Tutto è relativo, è certamente vero, ma una carezza sarà sempre meglio di uno schiaffo, una poltrona sarà sempre più comoda di uno sgabello di legno, il giorno sarà sempre più luminoso della notte.
E in Italia, lo Stato dovrà sempre fare prima l’interesse degli Italiani, come in Finlandia, dei Finlandesi, in Senegal dei Senegalesi, in Turchia dei Turchi.
Sì, perché mi sembrerebbe davvero più complicato se noi facessimo gli interessi dei Siberiani ed in Siberia quello degli Italiani. Troppo facile pensare così? Troppo populista? Probabilmente dirà di sì chi si è meravigliato se a Riace e a Lampedusa ha trionfato la Lega, perché non ha capito ancora che due più due farà sempre quattro.
Mai uno. Mai tre. Sempre quattro. Risultato populista.

Amedeo di Narnia, giugno 2019 – © Mozzafiato

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