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Il Gramellini decaffeinato

Leggo quotidianamente il Corriere della Sera. Sono abbonato alla versione web. Alcuni giorni invece, quando vado in biblioteca, sfoglio la versione cartacea. Altre sensazioni epidermiche, una chimica diversa della lettura , ricordi di quaranta anni fa, quando studente liceale osservavo con meraviglia impiegati che viaggiavano sulla metropolitana milanese e che riuscivano a piegare le pagine del giornale, per non dare fastidio alla persona seduta affianco, quasi con una maestria da Houdini.

Leggo anche le riflessioni de Il Caffè di Gramellini. Lui, sano intellettuale di sinistra, pontifica sulla realtà che ci circonda.

Sceglie sempre notizie e avvenimenti che possano scuotere l’emotività della maggioranza, suggestionando e cercando la trepidazione e l’approvazione dei suoi lettori.

Un giornalista sempre pieno di buone parole e di parole nuove sempre più acculturate, come cantava l’immenso Giorgio Gaber, pur di piacere “urbi et orbi”.

Anche quando scrive di politica, non riesce a mantenere la giusta distanza, sia a livello deontologico sia da un punto di vista oggettivo.

Forse perché ho vissuto in Colombia tre anni e mezzo nella meravigliosa Zona cafetera (Eje Cafetero), dove ho conosciuto tanti piccoli produttori di caffè, “campesinos” che lo coltivavano e quotidianamente lo curavano, ho imparato quanto sia importante che il caffè mantenga il suo dna e la sua essenza.

Quello di Gramellini è un caffè decaffeinato, melenso e mieloso ed assomiglia tanto a quanto si dice dei suoi concittadini e corregionali : falso e cortese.

Vox populi, vox Dei.

Baldassarre Aufiero, maggio 2019 – © Mozzafiato

 

 

Ufficio Stampa