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“FRIDA KAHLO STUPRATA DALL’IMMAGINE”

 

Divorata, scorticata, stuprata più e più volte dalla critica anima e corpo che, comodamente, continua a seppellire la sua arte sotto quello che definiamo “fridomania”.

Violentata da quell’ibrida icona stereotipata di artista/dannata che il mito le ha cucito addosso, velenosa come una potente droga capace di distruggere la sua arte: il Mudec di Milano, dopo sei anni di lavoro e ricerche, si propone di “salvare” l’artista da questa schiavitù che ha reso l’immaginario collettivo stomacato dalla sua storia personale che ormai tutti conosciamo.

“Frida Kahlo. Oltre il mito”, con più di 100 opere, tra cui dipinti, fotografie, disegni, riempirà le sale di via Tortona 56, dal 01 febbraio al 3 giugno 2018.

L’attesissima mostra permetterà allo spettatore di vedere le opere dell’artista, disintossicando il pubblico dalla sua storia travagliata con il marito (noto artista messicano) Diego Rivera, dal dramma del suo incidente che a 18 anni la costrinse a portare un busto e la inchiodò ad un letto nell’età più frenetica della sua vita, lasciandone come unico mezzo di sfogo liberatorio la sua ARTE. Quell’arte che il Mudec ci propone, carica di simbolismi, grinta, energia, di quella carica vitale che spesso poteva liberare solo dentro quelle piccole tele di pura adrenalina.

Le sue opere sono impregnate di contaminazioni fauviste, precolombiane, dai toni “surrealmente reali”, naif, ma da un’impronta decisamente personale. Il suo dolore, le sue “contraddizioni” la sua AUTENTICITÀ, scorrono dentro i colori in un mix di emozioni incendiate, trasformate in pura passione liquida che colora le tele di sé e di ciò che la circonda.

Diego Sileo (storico d’arte curatore del Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano), curatore della mostra, grazie al ritrovamento, nel 2007, di nuovi materiali inediti nell’archivio di Casa Azul (la dimora di Frida kahlo in Messico), ha avuto l’occasione di costruire una mostra con chiavi di lettura diverse da quelle che finora ci sono state imposte.

Oltre alla sua ostentata bisessualità (fortemente discussa), attraverso la narrazione delle sue opere, si può cogliere altro, oltre al mito: l’immagine di una donna emancipata e battagliera, pronta a schierarsi in uno scenario politico rivoluzionario di inizio secolo. Affermando ideologie femministe in un paese come il Messico che, tutt’ora, ha una visione della donna inferiore rispetto a quella dell’uomo e non di parità.

Una donna fortemente legata alle radici della sua terra, facendo della sua stessa immagine, portabandiera del folclore messicano e della tradizione.

Il percorso espositivo sarà, infatti, diviso in quattro sezioni, ciascuna rappresentante le diverse chiavi di lettura: DONNA, TERRA, POLITICA, DOLORE.

L’imperdibile mostra, promossa dal Comune di Milano-Cultura e da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, si presenta come l’esposizione più coinvolgente del 2018 nelle strade milanesi.

«Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni»  (Frida Kahlo)

Marianne Perez Lopez, gennaio 2018 – © Mozzafiato

 

UN’ARTISTA (IM)PERFETTA

Parecchi spunti della vicenda artistica e umana di Frida Kahlo, in questi giorni celebrata in una mostra al Museo delle Culture a Milano, meritano una riflessione; e un plauso.

  C’è la voglia, anzi l’ostinazione, giovanile di fare arte; passione non così rara fra gli adolescenti, anche di oggi..ma poi ahimè quasi sempre abbandonata..non solo e non tanto perché con l’arte non sponsorizzata ‘non si mangia’, ma anche e sopratutto perché subentra la monotonia della montagna di piccole e banali pratiche quotidiane da sbrigare; con il relativo micidiale stress, vero e proprio killer dell’ispirazione, oltre che del fisico e della psiche.
  C’è il difetto, nell’opera e anche nel corpo, assurto a pregio; la relativa ‘bruttezza’ che si fa ‘bellezza’ (relativa), l’imperfezione che non può essere più perfetta.
  C’è il fidanzatino imberbe, superficiale e scialbo, che si arrende alla grazia sfigurata da un incidente e fugge; e viene surclassato dalla profondità e dal fascino dell’adulto che vede l’attrazione,anche sensuale,al di là dell’apparenza esteriore.
  C’è l’arte che è e fa da stimolante ed eccitante, quasi da agente erogeno.
  C’è la passione, l’ardore dell’età fresca per il docente, per il maestro, per l’esperienza che si vorrebbe già avere e alla quale si aspira; e che si vuole tenere accanto a sé. Trasporto che si fa infatuazione, innamoramento, amore non solo intellettuale ma anche fisico (ché l’amore o è anche tale o non è amore), anche qui al di là dei difetti (per un’artista anche un “panzon” può essere sexy, a differenza che per una starlette), al di là delle convenzioni sociali, delle malelingue, delle consistenti differenze di età, fattori ostativi e ‘scandalosi’ per i benpensanti e il sentire comune, forse di oggi ancor più che di allora.
  C’è il docente ispiratore, lontano e sfuggente che diventa mentore; l’allieva che poi a sua volta diventa per lui Musa e poi passione fissa, quasi ragione di vita; finché non si invertono i ruoli e l’insegnante diventa subordinato e si trova a inseguire, a fatica, colei che che prima lo ricercava.
   Ci sono le tante scappatelle senza coinvolgimento né convinzione, così, perché si ‘deve’ fare, di lui; prima sofferte e accettate, poi rinfacciate e ricambiate dalle poche (a volte ambigue) ma coinvolgenti e convinte, perché si vogliono fare, di lei; viceversa ben poco digerite.
  C’è il contesto geo-socio-economico-culturale svantaggiato e secondario che si mostra invece ben più pregevole di quello primario.
  C’è l’istinto, la voglia e la gioia di vivere e di cibarsi di cultura e creatività più forti della sventura e degli accidenti, anche gravi, che questa ci procura.
Insomma, forse non si può rimanere estasiati dall’opera e dalla figura di Frida, ma affascinati, ammaliati e molto ben disposti sicuramente sì.

Il Conte, gennaio 2018 –  © Mozzafiato

Foto di particolari di dipinti inediti ( in fieri )  – Riproduzione riservata

 

 

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