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70° edizione del festival di Cannes.

Ultimi scampoli di gara e l’esito si sta rivelando uno dei piu’ incerti delle ultime edizioni. Forse gli organizzatori, Thierry Fremaux delegato generale in primis, speravano in qualcosa di diverso per il 70esimo, un’opera che convinca la critica senza se e senza ma, purtroppo pero’ quest’opera tanto attesa non e’ arrivata. Nessun capolavoro a questo giro, ma una manciata di film discreti, a tratti buoni. Stasera alle 19.15 sapremo, quando si alzera’ il sipario del Grand Theatre Lumiere e Monica Bellucci sara’ maestra di cerimonia, annunciando i vincitori del Festival di Cannes, decisi dalla giuria di Pedro Almodovar.

Le nostre preferenze ? LOVELESS, il film russo di Andrey Zuyagintsev, e lo dicevamo fin dall’inizio. Il lungometraggio ha vissuto praticamente indisturbato fino a pochissimi giorni fa, quando all’orizzonte del concorso si sono affacciate alcune opere in grado di insidiare il suo primato fra i preferiti dai critici.

Chi segue Cannes ha imparato che, per quanto giornalisti e giurati abbiano il palate fine, le due categorie non potrebbero essere piu’ diverse e a conti fatti non si incrociano mai, se non di rado.

Ma quali sono i film che possono impensierire il russo? Vediamo.

Fatih Akin, AUS DEM NICHTS. Piu‘ furbo e ideologico che intelligente, secondo noi, Akin si getta nel Tema del secolo, il terrorismo, e lo fa da una prospettiva privata, quella di una donna tedesca, nativa di Amburgo, ferita in modo irrimediabile, quando marito di origine turca e bambino vengono uccisi da una bomba. Diane Kruger e’ molto brava (finalmente!) nel mostrare l’elaborazione del lutto e le scene processuali sono molto forti e in grado di scuotere nel profondo lo spettatore. Tuttavia alcune scelte di Akin, come l’accusa di aver provocato l’attentato rivolta a una coppia di neonazi, ci sembrano un po’ pretestuose e forzate. Peccato perche’ come dramma funziona e anche la parte in Grecia con i protagonisti a fare il gioco del gatto col topo non e’ affatto banale.

 

Lynne Ramsey YOU WERE NEVER REALLY HERE

Piccola sorpresa, da parte della regista inglese, proprio nell’ultimo giorno del concorso. Quando siamo tutti stanchi e la lucidita’ perde quota, ecco il film dell’inglese, autrice di ‘A proposito di Kevin’. Protagonista assoluto, non da solo ma il carisma che emana lo impone a tal punto che e’ come se lo fosse, Joaquin Phoenix e’ un ex uomo delle forze dell’ordine richiamato in servizio, o coinvolto suo malgrado, nel caso della figlia rapita di un senatore. Il nostro ha un po’ di problemi, oltre all’essere se stesso, in preda ad allucinazioni e con una madre che somiglia a quella di Psycho. A sedurre in questo caso e’ proprio lo stile della Ramsey, low profile e composto da piccole sequenze famigliari, che solamente insieme formano il puzzle drammatico e violento degno di un poliziesco. Chissà se Pedro lo amera’…

 

Toto attrici

Questa edizione non sara’ ricordata per le performance degli attori, assai poco rilevanti sia per meriti personali sia per il valore aggiunto che avrebbero potuto dare ai film. Grandi nomi ne abbiamo visti, ma sembravano tutti troppo presi a seguire le direttive del regista, a scapito di un po’ di inventiva personale. Tra queste, ne peschiamo due femminili. Diane Kruger, finalmente in parte nel film di Fatih Akin, e Fantine Harduin, la bambina di ‘Happy End’ di Michael Haneke. Entrambe protagoniste delle rispettive opere, Kruger ha una parte piu’ ‘semplice’ rispetto a quella ben piu’ complicata, perche’ tutta in levare, della piccola, che pero’ si rivela essere la vera chiave di volta del glaciale film di Haneke. Tutti parlano di lei, e guardando il film si capisce il motivo.

Lara Ferrari, maggio 2017 – © Mozzafiato

 

Ufficio Stampa