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“The Rossellinis”

Non aspettatevi un documentario nello stile ‘buco della serratura’e  neanche una agiografia del grande Roberto.

Quella di Alessandro Rossellini è piuttosto una “sentimental journey” con dolori imprevisti, una ricognizione interna alla cerchia famigliare.

Alessandro è nipote nella  cordata della prima moglie Marcella de Marchis – alla ricerca della ricostruzione di una armonia forse mai esistita. Non a caso il film si apre con le immagini reali del funerale di Roberto Rossellini e si chiude dopo 140 scorrevolissimi minuti (lunghezza notevole per un documentario) con le immagini di una reunion di tutti i superstiti di una famiglia che hanno sostenuto il peso di essere  “discendenti di un genio”.

Alla soglia dei 55 anni Alessandro è conscio di aver fatto “l’ultima cazzata della sua vita” con questo suo primo film in cui ha ammesso di essersi divertito moltissimo nel peregrinare, nel corso di due anni, in viaggio nelle ‘stazioni’ in corrispondenza delle case di Robertino, Ingridina ed Isabella ovvero i tre figli del secondo e più celebre matrimonio con la diva Ingrid Bergman. Ognuna di queste fermate, che lavorano come capitoli con cui è impaginato il film, mettono in luce più che i difetti le lacune che ognuno si porta dentro.

Qualcuno ha scritto di un processo di ‘messa a nudo’ da parte di un “Rossellini meno fortunato” di quelli cui la fortuna ha meglio arriso, ma a mio avviso si tratta più di una ‘messa in luce’ del carisma di chi ha vissuto nell’ombra di un carisma più grande, lasciando intravvedere la potenza che l’unione di queste luci avrebbe potuto sviluppare.

Non mancano i momenti più intimi come l’incontro con la madre, la ballerina Katherine Cohen, attualmente ritirata in una ‘nursery house’ newyorkese e da cui Alessandro era stato separato da bambino e quelli più tragici come la malattia  di Gil, figlio della terza moglie indiana di Roberto Rossellini. Tuttavia i registri narrativi sono molto ben equilibrati come ottima è la giustapposizione tra i filmati amatoriali ed il girato contemporaneo, la colonna musicale è fresca e non invadente. Si partecipa come uno di famiglia con una naturalezza che è in contrasto con la complessità di una famiglia che non è affatto semplice e banale.

Peccato che il film sia programmato per la visione in soli tre giorni (26,27 e 28 ottobre).

L’ottima accoglienza al Festival di Venezia avrebbe meritato qualcosa di più.

Non perdetelo.

Marco Ettore Massara, ottobre 2020 – © Mozzafiato

 

Ufficio Stampa