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Euneirofrenia

Esiste un sostantivo di origine greca, descrive il sentimento di pace, rilassata e sorridente, che dipinge il volto di chi si sveglia da un sogno appagante.

Euneirofrenia.

Definisce, in poche parole, la beltà che si riflette sul viso e che non svanisce immediatamente, proiettandosi nella realtà, fino a quando la consapevolezza della caducità di una favola, disegnata dall’inconscio, allontana il desiderio di proseguire il film che vorremmo continuare a dirigere ad oltranza.
A chi non è capitato?
A volte è un suggerimento che passiamo sotto il banco, come ai tempi del liceo, quando una versione di greco più ostica delle altre ci poneva di fronte ad un necessario confronto con visi spersi, come il nostro.
Un foglietto nascosto nel dizionario a caratteri minuscoli che porgiamo alla mente, perché risponda secondo la necessità del momento.
Diamo il la, cominciando a delineare la trama di un racconto, non scritto ad inchiostro, ma che vorremmo incidere nella trama dei ricordi, in modo che sia sempre in prima fila, per addolcire un momento difficile, uno di quelli che frustano la sicurezza raggiunta a costo di lotte con noi stessi e le conseguenti delusioni.
Confesso che spesso, stanca di una giornata ricca di impegni e non sempre appagante, cerchi il silenzio della mia stanza e la solitudine rassicurante di un nascondiglio sotto le lenzuola, che mi isoli da riflessioni che preferisco posticipare o eludere, con la perizia che mi contraddistingue nel fuggire da prese di posizione che non lasciano ipotesi diverse e meno dolorose.
Chiudo gli occhi e preparo la scenografia di un teatro, in cui i personaggi non abbiano bisogno di copione o di un suggeritore nascosto nella buca coperta dal gobbo.
Parlano con il mio tono di voce, parlano in mia vece e , seduta in una platea in cui sono unico spettatore, osservo compiaciuta il libretto musicato senza errori, di un quadretto che vorrei sfiorare nella sua concretezza al risveglio.
Se non accade, poco importa.
È la bellezza di quei brevi schizzi di fantasia e amore preteso, è la bellezza onirica che scioglie un sorriso lungo il tempo dello stiracchiarsi felice, prima di alzarsi.
È il fascino ingenuo dei tratti rilassati del volto e del corpo che, ancora sviato dalla favola vissuta, crede di trovare lo stesso scenario in cucina , sorseggiando il primo caffè della giornata.
Sorrido mentre scrivo, sorrido mentre tocco con mano la magia di un attimo che forse diventerà reale.
Se così non fosse, questa sera ci riproverò e dormirò più a lungo , fino a quando quella beltà non svanirà più con la luce del giorno.

Federica Vanossi, ottobre 2020 – © Mozzafiato

Foto in copertina – Marilyn Monroe fotografata da Bern Stern, 1962

Ufficio Stampa