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Sociologia sanitaria

RELAZIONI VIRALI 

Non bastavano il diradamento delle interazioni sociali, l’avanzata del virtuale a scapito del reale, la diffidenza dello sconosciuto, la fobia dell’estraneo: patologie da tempo conclamate e consolidate.

Non è bastata la peste dell’amore di qualche decennio fa, peraltro ancora non affatto debellata, che almeno lasciava immuni le relazioni superficiali; ci mancava il pericolo di una grave infezione a distanza per minare definitivamente gli scambi interpersonali.

Chissà, forse sono tutti prodromi crescenti di un mondo inquietante, peraltro già ben preconizzato e descritto da non pochi films e romanzi futuristici, in cui le relazioni fra persone saranno addirittura proibite per legge, salvo che siano mediate da qualche supporto informatico: vietata ogni contaminazione diretta, affettuosità e passionalità comprese.

Peccato che però si infettino pure le macchine, e con virus non meno invasivi e pervasivi (nonché pandemici per definizione): così potranno (e già ben possono!) perdere la memoria, l’autonomia, la fedeltà, l’operatività, la vita; e noi, che ormai avremo delegato tutto a loro, le/la perderemo con esse.

Rimpiangeremo allora i bei tempi in cui ci si poteva abbracciare e baciare con gran gusto, anche (e forse soprattutto) fra sconosciuti, senza troppe remore e paure, poiché almeno la buona salute era data per scontata.

Se qualche precauzione aggiuntiva nei contatti e nelle effusioni può essere raccomandabile in questa fase di acuta contaminazione, non vorrei che poi, ad emergenza passata, rimanesse radicata l’avversione alle nuove conoscenze fisiche, più o meno profonde, come ahimè è già successo a seguito dell’altro precedente virus maligno.
Salvo però ora ed in futuro continuare ad avere e tollerare contatti ravvicinati, anziché con le persone, con animali di ogni tipo, diversi solo a seconda delle latitudini e longitudini.
Salvo inoltre continuare a tollerare qui o altrove un certo regresso verso condizioni igienico-sanitarie di contesti meno evoluti dalle quali almeno qui ci eravamo così faticosamente affrancati.

In realtà la vera novità di questa epidemia del Duemila è il rifugio nel virtuale, insieme salvezza e condanna moderna (dal telelavoro ai rapporti on line); per il resto nulla di nuovo.

Malattie contagiose importanti ci sono sempre state e si sono sempre ciclicamente riproposte.
Speriamo almeno di non vedere, dopo artifici antichi come vessatorie quarantene e maschere pseudoisolanti, novelli untori e novelli monatti; ancora una volta, visti i tempi lunghi della Medicina e della Scienza, ci troviamo ad auspicare che venga presto una qualche “pioggia che lava” e che ripristini sane relazioni vitali.

Il Conte, marzo 2020 – © Mozzafiato

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SAPONE O SMARTPHONE ?

Il mondo non si ferma.

Gli scienziati di tutto il mondo ci dicono una verità che, dopo il medioevo, credevamo acquisita: il sapone deve essere usato!

Purtroppo, non solo a me, incute orrore scoprire che bus, vaporetti, treni e perfino le scuole non siano sottoposti con cadenze regolari a procedure di sanificazione.

Ci siamo svegliati ed abbiamo scoperto che dobbiamo essere rieducati all’uso del sapone, al lavarci le mani e persino all’uso (per me scontato) di prodotti a base di candeggina per pulire bagni e cucine. Sia chiaro, non sono un’igienista pura, anzi…ma certe nozioni di base le davo per assodate.

Cosa resta del coronavirus? La certezza triste di un popolo che non si lava, che non si tutela e che, diciamocelo, ha barattato il sapone con lo smartphone.

Arianna Versaci, marzo 2020 – © Mozzafiato

 

 

 

Ufficio Stampa