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Gioventù bruciata

L’Italia sta attraversando una vera e propria emergenza: quella della moda delle “baby gang”.
Soprattutto Napoli, nelle ultime settimane, sta assistendo a episodi di brutale violenza. Uno dei tanti si è verificato qualche giorno fa in piazza Carlo III, dove ad un 15enne è stato rotto il naso.
Secondo quanto ha riferito alla Polizia di Stato, il minorenne si trovava in piazza alle  23.30 quando si è ritrovato coinvolto in una rissa -a suo dire- “senza neanche accorgersene”.
Un altro caso è avvenuto durante la festa di S. Antonio Abate, per l’accensione dei tradizionali falò. Bande di ragazzini hanno preso possesso delle strade, creando disordine, blocchi al traffico e mettendo a repentaglio la loro vita e quella degli altri: per questo sono intervenute le forze dell’ordine che hanno cercato di convincerli a non accendere i fuochi al centro delle strade. Ma i ragazzini, incitati dai genitori, hanno incominciato a sputare e a tirare pietre e la polizia è stata costretta a chiamare rinforzi.

Bisogna, però, fare una precisazione: non tutti gli episodi di violenza attuati da giovani sono attribuibili al fenomeno delle baby gang. Queste sono molto diffuse in America Latina e negli Stati Uniti, e nell’ultimo decennio si sono affacciate anche alla realtà italiana. Le baby gang hanno una caratteristica specifica, una struttura verticale guidata da un leader, norme rigide di inserimento e mantenimento dei ruoli: tutti questi elementi sono volti al controllo del territorio tramite l’uso della violenza, che viene perpetrata in maniera indiscriminata nei confronti di tutti, con reati contro il patrimonio o contro la persona.

Il bullismo, invece, presenta delle connotazioni differenti, perché viene messo in atto verso uno o più specifici individui in modo stabile e selettivo. Se esiste un gruppo, ci sarà sempre un bullo e i suoi seguaci, oltre ai cosiddetti spettatori, che osservano senza intervenire l’aggressione di un loro pari.
Se stanno emergendo condotte violente e antisociali, è obbligatorio domandarsi come mai, nel suo contesto, il giovane non abbia potuto assimilare e fare propri quei limiti che, in questi casi di cronaca, sembrano essere saltati. Al loro interno, queste gang hanno delle micro-gerarchie di potere che vanno a sopperire all’assenza di punti di riferimento autorevoli degli adulti e la protesta diventa delinquenza e sfocia poi in atti di vandalismo, soprusi e vessazioni, furti e abuso di sostanze stupefacenti.

In realtà questi ragazzi soffrono per mancanza del semplice, ma indispensabile affetto del focolare domestico.
Al giorno d’oggi i genitori sono molto distanti e freddi, troppo immersi nel lavoro o nelle proprie cose, e trascurano la cosa fondamentale, cioè l’attenzione per i figli.
Anche il ruolo della scuola dovrebbe cambiare: è urgente creare momenti di aggregazione per capire i bisogni e le frustrazioni dei ragazzi. Spazi e tempi che permettano ai giovani e alle loro famiglie, che spesso si sentono abbandonate dalla Stato e dalla società, di dare vita a percorsi di crescita e responsabilità.

Maria Luisa Cozzolino, gennaio 2018 – © Mozzafiato

Ufficio Stampa