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Non avrò mai il Mal d’India…

Spero di non turbare nessuno con questo titolo che potrebbe sembrare irriverente per gli appassionati della grande ed affascinante India, vuole solo essere un modo divertente per descrivere la mia recente esperienza e fare una riflessione ironica sulla tipologia di turisti che ho visto durante il mio viaggio.

Sono stato tre settimane in India nel mese di Marzo, attraversando il nord del paese da Est ad Ovest, dalla mistica e decisamente cruda Varanasi fino alla remota Jaisalmer nel deserto al confine con il Pakistan.

Indubbiamente è stato un viaggio con la V maiuscola, che entra a pieno titolo nella lista delle mie esperienze itineranti più emozionanti come il trekking in Nepal, i 5300 km con una Mustang cabrio tra California, Nevada ed Arizona, i 2000 km in treno in Perù oppure i due giorni in treno da Shanghai a Lhasa in Tibet, dove sono stati una settimana tra i 4 e 5 mila metri di altitudine, Everest base camp compreso.

Ma vorrei appunto parlare della tipologia di turisti occidentali che ho visto in India, molto variegata e pure divertente sotto certi punti di vista ….

Quelli che ho più ammirato ed invidiato sono i viaggiatori veri, quelli che basta vederli per capire che il mondo lo hanno girato ed assaporato davvero, magari da oltre 40 anni, nel modo più emozionante, selvaggio ed intrigante possibile.

Non dimenticherò mai quella signora, decisamente attempata, che ho visto nello stato del Rajasthan, quello dei Maharaja per intenderci, con lunghi capelli bianchi, senza casco e da sola alla guida di una maestosa Royal Enfield con un manubrio largo un metro … spettacolare con il suo orgoglioso sorriso a 32 denti.

Ho subito pensato “che palle questa donna !!! sicuramente si è trasferita qui da anni oppure ci passa lunghi periodi” ma putroppo non sono riuscito a fargli una foto, sarebbe stata memorabile, diciamo da copertina per riviste cult dei veri ryders.

Poi ho visto una gran parte di turisti “normali”, quelli che amano e possono permettersi di viaggiare un pò ovunque, magari per uscire dal paesello d’origine e vedere il mondo, aprire la mente e farsi delle esperienze di vita che escano dalla banale routine, per alimentare quello spazio di entusiamo che sta in ognuno di noi.

Probabilmente in questa categoria ho la fortuna di rientrare anche io, ma questo poco importa.

Ma il prototipo di turista che più mi ha incuriosito e, permettetemi di dire, anche divertito è stato quello mediamente giovane, chiaramente di famiglia benestante o decisamente facoltosa, che mi dava l’impressione di essere venuto in India più per seguire una moda filosofica di tendenza che per una profonda convinzione od interesse personale.

Infatti non c’è alcun dubbio che se uno vuole fare un viaggio molto diverso ed anti conformista, per poi tornare a casa a raccontarlo agli amici … l’India è sicuramente uno dei posti più “estremi” in assoluto, che sicuramente da la possibilità di fare colpo nel pensiero alternativo e nei cosiddetti circoli dell’ “intellighenzia” nostrana.

Ho anche avuto la sensazione che molti di questi simpaticoni, capaci di una veloce metaforfosi in temporanei santoni, abbiano cercato di calarsi falsamente in una realtà di immensa povertà ed intensa spiritualità che di certo non gli appartiene, per poi tornare a casa dicendo di aver avuto l’illuminazione ed aver finalmente trovato se stessi.

Un pò come ripercorrere le tracce di John Lennon che, dal 68 in poi, in India forse ci perse davvero la testa … o trovò definitivamente se stesso.

Insomma molti di questi ragazzi mi hanno dato l’idea del figlio di papà che va in India per farsi “figo”, magari pure per qualche mese con i soldi di famiglia, per poi tornare alla vita agiata in Occidente conducendo uno stile di vita diametralmente opposto dal punto di vista materiale, morale e soprattutto spirituale.

Ed è appunto questo cosidetto “Mal d’India” che ha ispirato il titolo di questo mio pensiero, quello che molti sostengono di aver già fin dal primo viaggio e che assicurano di conservare per tutta la vita, ma che personalmente ritengo sia semplicemente una comoda, irrealistica e soprattutto falsa condizione mentale per molti noi occidentali.

Queste considerazioni mi hanno fatto ricordare quando, davanti al principale tempio del Buddismo mondiale in Tibet, vidi molti pellegrini fare continue e faticose genuflessioni per centinaia e centinaia di metri e pensai molto perplesso al tanto decantato Buddismo da jet set internazionale.

Sicuramente non dimenticherò mai l’incredibile Varanasi e l’affascinante Jaisalmer, ma non penso che tornerò molto presto in India, ci sono molti altri posti nel mondo altrettanto veri ed interessanti da vedere, e di certo non rimpiangerò il folle traffico, il mostruoso caos e l’allucinante smog che ho visto in quasi tutte le città che ho visitato.

E non fatevi ingannare dalle mie foto allegramente mistiche, di sicuro non cercherò mai di convincere me stesso, e soprattutto gli altri, di avere il “Mal d’India” …. ovviamente ognuno la vede a modo suo e “nessuno ti può giudicare”, ma ciò non toglie che mi sento liberissimo di fare questa riflessione ironicamente provocatoria.

Stefano Lorenzo Colombo, aprile 2023 – © Mozzafiato

 

 

 

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