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La vita e la certezza.

Vado al lavoro, in tempi di coronavirus vado in ufficio.

Nel mio piccolo, cerco di ripartire il rischio con i colleghi e mi incammino. Attraverso una Venezia senza suoni, che sembra, nella sua bellezza decadente, un enorme cimitero monumentale. I troppi affaristi hanno trasformato ogni buco in un alloggio turistico, così i veri veneziani sono rimasti in pochi ed oggi, senza turisti, tutto appare tetro e in abbandono. Attraverso calli buie e corro, corro perché non c’ è un’anima e vorrei piangere, vorrei urlare tutto il dolore che provo.

Non vedo mia madre da settimane, non abbraccio le persone che stimo e perfino il ricordo di un caffè, bevuto al volo con un’amica mi appare come un ricordo lontano. Oggi muore la convinzione illuminista che l’uomo tutto può.

Noi possiamo nulla.

Un virus, un esserino invisibile ad occhio nudo, dalla forma di giullare, può portarci via affetti, progetti e perfino la vita. La peste del seicento è sempre dolorosamente in agguato. Sento mia figlia piangere e mi confida che ha paura di ammalarsi, di non rivedere la sua maestra ed i suoi amici. Ha solo cinque anni ed ero convinta che tutto l’amore di cui è circondata le dessero serenità. Non è così. La amo, ma non posso proteggerla dal mondo e dall’incertezza che pervade questo tempo.

Vado avanti, Venezia mi conforta come può. Da un balcone scorgo una signora “grande” che annaffia i fiori. Le sorrido e lei, come una bambina, mi mostra i nuovi germogli. Accenno a un applauso e lei mi saluta. Attraverso Campo Santa Margherita e il venditore di frutta e di sogni urla e canta a squarciagola. Vado avanti e da una finestra scorgo, in un clima che parla di morte, il segno sfacciato della vita: un enorme fiocco rosa. È nata una bimba, perché la vita non la fermi, la rallenti, la ostacoli, ma lei imperterrita, vince sempre.

Venezia mia, anche tu non ti arrendi. I tuoi canali sono improvvisamente puliti, pieni di pesciolini festanti. La primavera ha fatto fiorire le piante rampicanti e tu, città vanitosa, ti adorni e sorridi. Tutto questo finirà. Spero solo che Venezia, fragile e imperterrita come il nostro pianeta, riceva tutto il rispetto che merita.

La Terra non ha bisogno dell’uomo, l’uomo si.

Arianna Versaci, marzo 2020 – © Mozzafiato

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