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GREG ROOK IN MOSTRA CON “HONYOCKER”

Milano: La fabbrica del Vapore, in Via Procaccini 4, nello spazio Vento & Associati, apre al pubblico le porte della prima personale dell’artista britannico Greg Rook (1971).

La mostra viene intitolata con il termine ironico, gergale e dispregiativo di “Honyocker”, usato in America, soprattutto nel XIX secolo, per indicare i nuovi coloni che lottavano e riuscivano a lavorare la terra, recintandola, stabilendo i propri confini di proprietà: visibile nell’opera Land Grab 2007.

Già dal titolo cogliamo, quindi, lo spirito controcorrente e di denuncia che si respira attraverso le sue pennellate apparentemente ed ingannevolmente quiete. Un urlo sordo di denuncia contro la società odierna, che prende come punto di riferimento il contesto statunitense ma che si estende a tutto il mondo.

Greg Rook, in questo suo primo lavoro di ricerca artistica ci trasporta in una focalizzazione esterna alla realtà per farci riflettere sul rapporto uomo/natura che oggi giorno è ampiamente discusso. La possibilità di ritornare alle proprie radici, di lavorare in sinergia con la terra e non solo di dominarla e distruggerla. Ci propone le due facce della stessa medaglia, ed ecco che il “cowboy” americano diventa l’emblema utopico dell’uomo moderno che vive all’aperto, al contatto con il proprio habitat naturale.

Guardando i soggetti rappresentati nelle sue opere non possiamo fare a meno di notare il richiamo alle pagine del romanziere americano Cormac McCarty, in cui ritroviamo l’ispirazione soprattutto nella sua opera più famosa: “Oltre il Confine”, dove si assapora lo stesso mood che osserviamo nelle pennellate dell’artista britannico.

Determinante per la creazione della sua ricerca artistica si deve al suo precedente percorso lavorativo per la BBC nella creazione di documentari che lo hanno spinto a voler raccontare il mondo in modo diverso, abbandonando i mezzi digitali per ritornare a “sporcarsi le mani” con l’olio. Vecchi giornali, fotografie, documentari e serie Tv degli anni ’70, come Survivor e la serie BBC The Good Life diventano centrali fonti d’ispirazione.

Tra le circa 30 opere esposte, divise in quattro spazi espositivi, tra le più significative vediamo: Interior (2007) raffigurante l’interno di una comune casa-capanna, dai toni pastelli verde-azzurro che connotano un ambiente apparentemente equilibrato e tranquillo. Mobili modesti e spartani, una scena di vita senza troppe pretese in cui l’attenzione, in contrapposizione alle tonalità naturali-passive, è catturata dalla presenza discordante di un animale appeso alle travi del soffitto, scuoiato, rosso sangue, che rimanda alla vita di caccia, della propria sopravvivenza e sostentamento. Possiamo però, anche azzardare ad una chiave di lettura simbolica che rimanda alla violenza domestica, ma anche metafora dell’essere umano che nasconde al proprio interno una natura selvaggia e animale in grado di mostrare o nascondere. L’animale scuoiato che rimane avvolto dal mistero della propria identità (gatto/cane), infatti, è raffigurato davanti ad una finestra che nasconde l’atrocità della visione da una tenda che ci fa intuire un esterno inondato di luce fredda. Come a voler rappresentare la natura perversa interna all’essere umano, non sempre visibile al mondo che, in questo caso, è rappresentato con una luce accecante –metafora del rifiuto di vedere ciò che realmente siamo.

Arte introspettiva, psicologica che denuncia tematiche religiose, dialoga con gli hippies, le comunità, opere cariche di nostalgia verso un mondo che appartiene al vintage, toccando note apocalittiche tra rami secchi che sembrano creare una ragnatela/labirinto che ci intrappola al suo interno.

Greg Rook si muove su un piano figurativo che spazia tra registri diversi: Fotorealismo, Stilizzazione, Impressionismo, Divisionismo, toccando in alcune tele un velato Cubismo presente in Honyockers 2013-19,  con la scomposizione geometrica della terra e del cielo. All’interno di quest’enigmatica opera, cogliamo nella figura maschile di profilo in primo piano (sinistra), una notevole somiglianza con l’artista. Potrebbe trattarsi di una sorta di autorappresentazione simbolica, in quanto l’artista stesso si definisce come una sorta di Honyocker che vuole ritagliarsi uno spazio dentro l’arte contemporanea.

Tutte le opere sono realizzate in Olio su tela, in alcuni dipinti spesso vi troviamo, volutamente, il segno della matita lasciato dall’artista come impronta quasi fumettistica di alcuni contorni del paesaggio. Il colore diventa materico, evidente soprattutto nel dipinto già citato prima: Land Grabin una poetica miscela che fa apparire la tela come un tessuto ricamato, acquarellato, con tonalità sospese nel tempo.

Una mostra imperdibile per gli appassionati dell’Arte, accompagnata da un esaustivo catalogo che in 64 pagine ripercorre l’intero percorso artistico. L’esposizione sarà aperta al pubblico fino al 5 maggio 2019 dalle ore 10-19 orario Feriale e festivi dalle ore 15 alle 19.

Per ulteriori informazioni visitare il sito www.gregrook.co.uk

Marianne Perez Lopez, aprile 2019  – © Mozzafiato

 

Ufficio Stampa