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La società dei buoni sentimenti

Oggi impera la società dei buoni sentimenti ed apparentemente la sensibilità parrebbe cresciuta; si esibiscono bontà, paternità, maternità, amore verso gli animali, ci si investe del ruolo di difensori dei più deboli, si sta molto attenti a non ferire la sensibilità altrui.

Ma, a ben vedere, in questa solo teorica modulazione di valori, la realtà è assai diversa; mai come in questi tempi la società è stata più egoista e più attenta all’edonismo fine a se stesso, mai come ora l’Uomo è stato più in confusione.

Perché se è vero che si è più attenti al linguaggio, in certe occasioni, è altrettanto vero che si usa questo riguardo solo nei confronti di alcune categorie, mentre si riversa fiele velenoso su chi non condivide le nostre idee (e questo è trasversale).

La paternità e la maternità spesso non sono visti come la naturale attività umana che ci consente di perpetuare la nostra specie attraverso l’adesione al modello istituzionale della famiglia, ma sono invece esibizione di se stessi , in un gioco autoreferenziale che esclude o il padre o la madre, visti come strumenti da usare ma non come persone a cui dedicare la propria vita.

Già: pare che amare ed essere devoti a qualcuno sia diventato un atto di debolezza, e non , come realmente è, un atto di forza. Pare che la realizzazione di una persona sia solo nell’arco professionale e non nell’ambito affettivo, vero misuratore della capacità di amare di un essere umano, e quindi del suo effettivo valore.

Anche l’amore per gli animali, molto spesso, nasconde, se non equilibrato, un profondo disprezzo verso il genere umano, dal quale si prendono le distanze, perché si pensa di essere migliori di tutti. E qualche volta ci ergiamo a giudici inflessibili e decidiamo noi chi è debole e chi non lo è, naturalmente dopo avere premesso “chi siamo noi per giudicare?”; guai a chi si oppone al nostro mondo ideale, perché ci fa capire che il nostro castello è stato costruito sulla sabbia ed è destinato a crollare.

Abbiamo abolito il bianco ed il nero, cioè, il bene ed il male, sostituendovi un salomonico grigio. Invece il bianco ed il nero esistono: qualche volta si fondono e creano il grigio, è vero, ma altre volte la distanza fra i due colori è netta e chiara. Ed è la confusione il tratto caratterizzante dei nostri tempi: confusione fra il debole ed il forte, l’eccezione e la regola, l’arte e la mediocrità, il diritto ed il dovere, l’anarchia e la libertà.

Ritroviamo il coraggio di chiamare le cose con i loro nomi. E’ solo il primo passo: il cammino è ancora molto lungo.

Stefano Burbi, Compositore e Direttore d’orchestra, dicembre 2018 

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