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Il duplice Don Lisander

 EL MILANES LAGHÉE

Cosa si può dire del nostro Alessandro Manzoni che non sia già stato detto e scritto? Praticamente nulla.

Vorrei però qui ribadire un aspetto, un merito spesso trascurato: una certa dualità di posizione e di predilezione, che lungi dall’essere conflitto, si sostanzia in sana complementarità.

Si può essere contemporaneamente cittadino e lacustre, urbano e agreste.
Si può camminare a proprio agio sui mondani e brulicanti trottoirs milanesi nonché nei chiusi e tranquilli borghi lecchesi; confortati da eleganti residenze in entrambi i luoghi.
Si può amare l’arte familiare della nostra Scala e del nostro Duomo e contemporaneamente la natura amica delle nostre acque e dei nostri monti; ricevendo affetto in entrambi i contesti.
Si può gustare addosso ed assaporare il brio della Breva e del Tivan lariani così come l’intensità della Bruma e della Scigherameneghine.
Si può descrivere con identica passione la ridente e generosa campagna orobica nonché la vitale e tumultuosa piazza milanese.

Di più, la dualità di Manzoni non è soltanto topografica, si va oltre l’apparente ossimoro geografico da cui siamo partiti.

Si può essere insieme Don, appellativo non tipicamente padano, e Lisander, vulgata propriamente lombarda.

Si può essere nobili di casata e vivere vicino al popolo; si possono accostare vicende di gentiluomini e di reietti, di personaggi famosi e di perfetti sconosciuti; si possono narrare storie di notabili e storie di povera gente, provando uguale simpatia ed empatia.

Si può ammirare contemporaneamente il sacro di un cardinale e il profano di un popolano; si può palpitare per l’onestà di un frate e insieme sorridere per la goffaggine di un prevosto; si può apprezzare la castità di una donna semplice e poco dopo ammiccare al gusto di tresche peccaminose.

Sì può in qualche modo plaudere alla solenne gloria imperiale mondialista e poco oltre inebriarsi delle atmosfere gioviali, genuine e ingarbugliate delle piccole realtà locali

Questa dualità non è certo esclusiva del Nostro; è però un tratto non così comune fra i geni dell’arte e della cultura, che spesso tendono ad essere monotematici.

Il Conte, febbraio 2021 – © Mozzafiato

NB. Se qualche pignolo studioso manzoniano trovasse in queste righe delle approssimazioni, capirà che sono frutto dell’ammirazione di un appassionato e non del rigore di un esperto; comunque converrà con leggerezza  “che non s’è fatto apposta”.

Dipinto olio su tela di Eugenio Gorla

Ufficio Stampa