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L’Ombra del Buio

La luce fredda di qualche lampione sparso qua e là illuminava soffusamente la strada. Tutto il vicinato stava dormendo alle dieci di sera. Lucio si sentiva così piccolo al buio, minuscolo. Come se l’equazione più rapida che si generasse nei suoi pensieri fosse Lucio contro il buio, e nient’altro. E il buio era ovunque. Permeante. Lucio si trovava, quindi, in minoranza. Intanto le ruote del suo skateboard roteavano, inesorabili, a contatto con l’asfalto sconnesso della strada. Ad ogni dosso, Lucio si bloccava. Quella strada dava ben poche soddisfazioni agli skateboarder del quartiere.

Arrivato a casa, la luce della luna che filtrava dalle finestre era tale da illuminare tutto il salotto. Le tende non erano tirate, sembravano il sipario di un teatro. Ma nessun spettacolo era previsto. C’era solo il padre di Lucio che stava dormendo sulla poltrona, russando a bocca aperta. C’erano due o tre bottiglie di birra finite sul tavolino di fianco alla poltrona. L’eco del silenzio si faceva largo, come vermi nella terra, fra il rumore assordante di un programma alla televisione e il respiro gracchiante del padre, incosciente. Lucio coprì il padre con una coperta, spense il televisore e si diresse verso il piano di sopra.

Per le scale, nessun raggio di luna filtrava. Fu, quindi, obbligato a salire facendo a tastoni. Cercò di guardarsi le mani. Cercò di intravedere per lo meno la forma. Tentativi inutili. Invano il desiderio di trovarsi nell’oscurità. Ora ne faceva parte. Si sentì immediatamente un’ombra del buio, fagocitato dal suo totalizzante oblio. Nell’assenza, si avvertì d’un tratto invisibile. Il suo scheletro era di un’immateriale consisitenza. Il pensiero di se stesso approdò ad una nuova riva. Si sentiva il rigurgito di qualcosa. Di qualcosa di immenso. Ed, improvvisamente, capì che anche se credeva di essere un’onda, in realtà era un oceano.

In camera sua non accese la luce. Giocò con questo nuovo se stesso che aveva incontrato. Pensò a tutte le isole che conteneva, a tutti i pesci, gli squali, le alghe che lo costituivano. Tutte le particelle di plancton che galleggiavano nelle sue acque. Si visualizzò blu. Dai suoi occhi vide colare dell’acqua, si leccò le labbra e sapeva di sale. Poi vide una zattera dispersa dentro sé, con due marinai disperati. Uno di loro dormiva, russando a bocca aperta. Qualche bottiglia di birra finita giaceva vicino a lui. L’altro marinaio guardava lontano, con uno skateboard sotto braccio, cercava una barca, una riva. La salvezza. Lucio preparò un’onda dentro di sé e portò questa zattera all’isola più vicina e meravigliosa che potesse contenere. Poi si addormentò, incapace di distinguere il sogno dal miracolo.

La mattina seguente suonò la sveglia, Lucio aprì gli occhi e si ritrovò quello di sempre. Si vestì e di tutta fretta partì sul suo skateboard per raggiungere la scuola.

Valentina Casadei, settembre 2018 – © Mozzafiato

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