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A tu per tu con Erri de Luca, la sua Napoli e il suo mondo.

“Cibo a regola d’arte” è un evento importante che a Milano unisce chef, esperti di alimentazione e uomini dello spettacolo.

Ma anche persone del mondo della Cultura , come quest’anno  lo scrittore partenopeo Erri De Luca.

In maniera molto cortese, pur essendo un uomo schivo,  Erri ha risposto alle nostre domande. Ecco le sue risposte:

A Napoli è più importante il caffè o la pizza? E perché?

Necessariamente il caffè perché obbligatorio, condiviso, offerto e perciò più sociale della pizza.

La parmigiana di melanzana materna, che citi alcune volte nelle tue interviste, è un ricordo da custodire, come quello di tua mamma che non c’è più; oppure è una metafora della vita per non contaminare le piccole perfezioni dell’esistenza, con elementi che non ci appartengono e potrebbero solo confonderci?

Certe mancanze, lutti si osservano e si onorano più a tavola che al cimitero. Alcuni cibi legati alle persone care perdono comunque il valore affettivo in loro assenza.

Alla domanda di cosa pensasse della costruzione del Ponte di Messina, Renzo Piano rispose: “Bisognerebbe costruire più ponti e meno muri”. Tu hai affermato che dei tanti lavori che hai fatto, quello che ti è piaciuto di più è quello del muratore e soprattutto il momento in cui abbattevi un muro. Questo per creare uno spazio e rompere una separazione. Quindi senza ponti l’umanità non ha un futuro?

Il ponte sullo Stretto è una faraoneria che lascia ugualmente la Sicilia una regione di ferrovie ridotte a diligenze.
Ho avuto l’immagine del ponte quando fu abbattuto l’ultimo della città di Mostar nell’autunno del 1992. La distruzione di quell’antico e perfetto arco di pietra che univa le sponde sul fiume Neretva, mi colpì misteriosamente e mi spinse a rispondere. Subito dopo cominciai ad andare da autista nei convogli di aiuti alle popolazioni rovinate dalla guerra, nei campi profughi dove mancava loro semplicemente tutto.

 

Sei uno scalatore, quando ti fermi in cima e guardi tutto dall’alto, cosa riesci ad osservare, che non vedevi dal basso?

Non salgo per il panorama. Salgo per raggiungere una estremità dove la terra ha spinto il suo confine con il cielo. Salgo per toccare quel bordo.

Ho viaggiato spesso in Finlandia e ho imparato a parlare un poco il finlandese. Tu conosci tante lingue, soprattutto quelle poco usate come lo yiddish e l’ebraico antico. Anche la conoscenza di una lingua è un ponte, oppure semplicemente è erudizione?

Ho imparato lingue di poeti e scrittori ammirati. Ho voluto cercarli nei loro vocabolari, alfabeti, grammatiche come per dei pellegrinaggi.

Foto di Baldassarre Aufiero

Napoli è “na’ carta sporca e nisciuno se ne importa” così cantava Pino Daniele. Oggi Napoli cosa è e com’è?

Manco di abitarci da molta vita. Perciò Napoli per me resta quella scomparsa in cui sono cresciuto. Oggi è ancora Nea Polis, città che si rinnova contro lo sforzo opposto di restare uguale.

Hai detto che leggere è come ascoltare il fragore del mare, onde che arrivano e vanno. Un ritmo binario, un rigo e a capo. Scrivere cosa è?

Mi tengo compagnia con la scrittura, che non rientra per me nella categoria lavoro. È il tempo breve e intenso di alcune mie giornate iniziate prima della luce del giorno.

“La musica è un tappeto volante che porta in giro le parole, dove non sarebbero mai arrivate”, così hai affermato in una recente intervista. Quindi la musica è la migliore forma di comunicazione?

La musica è alla portata di chiunque possa ascoltarla. Non serve conoscere le note, leggere lo spartito. I libri hanno bisogno invece della persona che sappia e pure voglia leggere. Da questa differenza dipende la maggiore diffusione della musica, capace di raggiungere anche chi non vorrebbe sentirla.

“Il vocabolario è il deposito di tutte le storie, il punto più alto della precisione di una lingua. Una persona che ha un suo vocabolario è un proprietario della lingua”. Questa tua affermazione voleva far comprendere che la maggior parte di noi è un utente della lingua, un cliente. I giovani d’oggi e il loro linguaggio cosa sono rispetto alla nostra lingua?

La gioventù vuole innovare, dotarsi di sue parole, espressioni, un gergo che escluda chi non vi appartiene. Riguarda anche l’abbigliamento. È un periodo di intercalari forti, parole scurrili. Serve a sciogliere la lingua, poi smette.

Baldassarre Aufiero, giugno 2022 – © Mozzafiato

 

 

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