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I posti del cuore

“New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata…” recitava Woody Allen nel film Manhattan.

Un anno fa il mondo smetteva di viaggiare. Complice un virus, gli aerei hanno spento i motori, le navi chiuso le vele e le auto si arricchivano di mascherine appese agli specchietti retrovisori.

Eppure i miei posti preferiti sono sempre stati gli aeroporti. Lì dove l’attesa è tutto.

Ho sempre amato aspettare il mio volo al bar di fianco al gate, vista pista d’atterraggio, con un caffè tra le mani (scherzo, di solito prendo un prosecco).

L’aereo che arriva, l’aereo che parte.

Persone da tutto il mondo intorno a me, lingue differenti, modi di fare differenti (alcune volte comici) ma pur sempre interessanti.

Nell’attesa le sensazioni più belle: la voglia di vivere un posto nuovo, l’aspettativa di ciò che sarà e la consapevolezza di essere così fortunati a potere spostarsi ovunque si voglia.

Dopo un anno di fermo, ciò che mi lascia sperare sono le sensazioni che a volte mi tornano in mente.

Attimi vissuti in passato che vengono rievocati da qualcosa.

Stamattina, appena ho aperto gli occhi, e ho visto il sole filtrare dalla finestra, ho pensato a Central Park.

A quelle volte in cui, durante il mio viaggio/lavoro a New York, nel weekend mi svegliavo, mi vestivo velocemente (imprecando per non avere un bidet, quindi doccia fissa!), scendevo i vari piani del palazzo, salutavo il portiere dicendogli “Morning” e lui mi rispondeva con uno storpiato “Ciao”, chiedendomi “How are you today? Buona giornata”. Il portiere era la mia certezza, ciò che a New York era casa.

Uscendo, camminavo per un po’ di Street, attraversando le Avenue, mi fermavo nel solito Starbucks a prendere un cappuccino e poi col mio bicchierone in mano mi incamminavo verso il parco più famoso del mondo.

Lì, tra il verde, i laghetti e i posti incantati mi perdevo l’intera mattinata.

A volte mi sedevo a leggere un libro, altre volte chiacchieravo con qualcuno che riconoscendomi italiana mi chiedeva di dove fossi, cosa facessi lì, altre ancora passeggiavo alla scoperta degli angoli più nascosti.

A pranzo mi fermavo al Pain quotidien o al Tavern on the green.
Dopo di che riprendevo la mia giornata con un’energia che solo i posti del cuore ti danno.

Ci sono per tutti posti magici.
E Central Park, insieme all’accoglienza dei Newyorkesi è uno dei miei posti del cuore.
Me l’ha fatto ricordare un semplice raggio di sole.

Torniamo a viaggiare, torniamo a creare dei nuovi ricordi.

Giulia Buratti, febbraio 2021 – © Mozzafiato

Ufficio Stampa