Home / LIFESTYLE / “Migliore di qualunque allenatore”

“Migliore di qualunque allenatore”

Questa è la frase con cui Gianni Agnelli descrisse Diego Armando Maradona.

Forse in questa frase c’è la verità che tante testate giornalistiche dall’Alaska al Sud Africa non hanno scritto o, dimenticato di scrivere.

Tutti hanno esaltato, giustamente, la sua abilità di calciatore, il suo sinistro, la mano de Dios, il suo genio calcistico . Si sono commossi, e sempre giustamente, alla radiocronaca di Víctor Hugo Morales  di quello che rimane il più bel gol della storia del calcio, quando dopo una serpentina mozzafiato, Diego segna il secondo gol all’Inghilterra nel Mondiale del 1986 in Messico.

“ Gracias Dios por el fútbol, por Maradona, por estas lágrimas”

Ma il vero valore aggiunto di questo unico giocatore è stata la sua presenza fisica e carismatica in campo.

Incuteva timore negli avversari, che ne riconoscevano la superiorità – dato che calciavano la stessa palla e praticavano lo stesso sport – ma ne individuavano anche la sua leadership, che trascinava i compagni a dare il meglio di sé stessi.

Oggi si parla tanto di schemi di gioco, di formazione mentale dei giocatori, di concentrazione  (quante volte gli allenatori si toccano la testa per indicare lucidità ai propri giocatori ), ma quello che spinge realmente un giocatore a gettare il cuore oltre l’ostacolo, non sono i milioni guadagnati, ma semplicemente  è il piacere di farlo, quello che i latini chiamavano “libido”.

E forse questo piacere Diego non lo ha mai perso, da quando fanciullo giocava nelle squadrette di oratorio. Lo trasmetteva quasi chimicamente ai suoi compagni di squadra.

Diego era cresciuto nella povertà più dura nel barrio “El Fiorito”, sicuramente il luogo di nascita di Maradona non poteva avere nome più profetico, perché come cantava il nostro grande poeta Fabrizio De André:

“Dal letame nascono i fior”

Baldassarre Aufiero, novembre 2020 – © Mozzafiato

 

——————————————————————————————————————

——————————————————————————————————————

AQUI NACIO’ MARADONA

“Aqui naciò Maradona” mi disse una mia cugina quando, visitando Buenos Aires, mi mostrò uno dei quartieri più poveri della capitale. Era il 1982 e lui aveva compiuto da poco 21 anni ed era già una leggenda !.

Si fa presto a dire “Genio e sregolatezza”. Gli argomenti e le singolarità, a cominciare dalla scarpa misura 38, sono tanti: i dribbling e le traiettorie impossibili, ma anche droga, cattive frequentazioni, rogne fiscali.

Ma in una cosa è stato unico: nel concentrare due fulgidi esempi della sua bipolarità in  CINQUE minuti, in Argentina- Inghilterra del 22 giugno 1986. Si comincia con quel gol di pugno che sembra uscito da una goliardata e che a posteriori giustificherà con una morale tutta sua: ”La mano di Dio”, a vendicare la sconfitta delle Falkland.

Passano appunto cinque minuti ed ecco il prodigioso riscatto: una corsa inarrestabile lunga 60 metri palla al piede ed un avversario dribblato ogni dieci. Lo chiamano “El gol del Siglo” ed in un mondo dove tali epiteti durano ben poco questo resiste inossidabile da 34 anni.

Gianni Rivera ha detto che, resosi conto della sua involontaria complicità nel pareggio tedesco in Italia-Germania, aveva pensato: ”Adesso mi tocca andare di là e segnare il gol della vittoria”.

A Diego questo non era stato necessario: certe cose gli venivano da sole.

Che il mito ti sia leggero.

Marco Ettore Massara, novembre 2020 – © Mozzafiato

 

 

 

 

Ufficio Stampa