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Vi conosco mascherine

Una maschera può servire a molte cose; e forse anche un po’ a niente.

Intanto per definizione serve a nascondere, in tutto o in parte il viso.
Quelle in uso in questi giorni sono del secondo tipo, di quelle che dunque lasciano intravedere mezza espressione; vexata quæstio, è un’espressione mezza piena o mezza vuota? Ciascuno può vedere/non vedere quel che preferisce.
Serve dunque a nascondere la timidezza, o almeno una sua metà; e magari pure qualche difetto, che guarda caso si trovava proprio lì sotto. E dunque serve ad infondere coraggio, o almeno metà, per affrontare il mondo e le sue insidie.

Al contrario può essere segno di arroganza, strumento di ulteriore altezzosità-in aggiunta ai numerosi altri che già si ostentano-per segnalare senza equivoci l’indisponibilità ad ogni interazione/interlocuzione,rinunciando così di default anche ad ogni buona occasione, come sempre avviene con questi atteggiamenti.

Poi v’è in agguato lei, la vanità, potenzialmente implicita in ogni cosa che si indossa. Ecco così un gran fiorire di maschere di ogni foggia e decoro, di ogni materiale e colore. Nonché, ça va sans dire, di ogni prezzo. Shock o mimetiche, provocatorie o conformiste, kitsch o minimaliste, educate o sgarbate, le maschere spesso dicono di noi più di quanto vorremmo celare.

Più che ovvia è la funzione di antiriconoscimento, che può implicare semplicemente una volontà di anonimato, furbescamente la volontà di fare qualche marachella, o, molto meno ingenuamente, la volontà di commettere qualche più o meno grave reato; non a caso fino a poco tempo fa erano severamente vietate pressoché ovunque, come cambiano in fretta le leggi e le opinioni quando si vuole.

Ovviamente può essere oggetto di business, soprattutto quando diventa un must, già in ambito sanitario, ma ancor di più quando travalica questo per conquistare quello commerciale come un accessorio irrinunciabile del guardaroba, da possedere in numerosi esemplari e modelli al pari di cravatte, pochettes e foulards. Gran preludio di feste a tema e carnevale tutto l’anno.

Non si dimentichi poi l’uso improprio come facilitatore di Due dipicche, impliciti o espliciti che siano, per i quali però è un coadiuvante più che un determinante.

Arma diplomatica infine: ghigni e linguacce, sbadigli e sputacchi che non si riescono a frenare possono avere finalmente libera cittadinanza e non creare più imbarazzi/inconvenienti.

Ah già, può servire anche per fermare qualche agente patogeno, in entrata o in uscita dalle vie respiratorie; e a tenerlo lì per un bel po’, pronto per essere (re)inalato o (ri)ceduto all’ambiente, in compagnia di tutti gli altri che potrà incontrare prima che la barriera venga finalmente sostituita.

Il Conte, luglio 2020 – © Mozzafiato

Ufficio Stampa