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ZANZA: un’icona pop.

Chi non ne ha mai sentito parlare ha perso una buona dose di allegria e di energia; chi l’ha conosciuto ha fatto tesoro di un po’ delle sue, inesauribili com’erano.

Una parola che è diventata evocativa di un modo di vivere, di comportarsi e di presentarsi, spesso inopportunamente declinata in un’accezione poco positiva da parte dei molti che giudicano senza sapere e per luoghi comuni, o sapendo poco e capendo meno; o semplicemente per una più o meno consapevole invidia.
Già, da invidiare c’è quanto meno un numero, probabilmente da primato mondiale:6000; è la stima di ragazze conquistate, fatta da lui stesso a fine ‘carriera’ (in effetti,35 anni-pardon,stagioni-di ‘lavoro’-pardon,di piacere-,4/5 mesi l’anno più gli extra invernali,quasi una al giorno-e non è leggenda,ma cosa testimoniata- i conti tornano, e se sono sbagliati lo sono di poco, il che,comunque,poco importa).
Peraltro senza che nessuna si sia mai lamentata né risentita, né pentita, almeno pubblicamente; anzi si susseguono,anche ora,le dichiarazioni di amore e di affetto.
La definizione di playboy con cui si è soliti qualificarlo è sicuramente riduttiva, se non del tutto inappropriata; chi è desiderato da tante donne non può mai essere una persona banale né superficiale, come qualcuno potrebbe ritenere (almeno così era nel secolo scorso). Direi che era piuttosto un instancabile amatore, ed amante delle belle ragazze sbarazzine. Quasi esclusivamente straniere, nel significato positivo che ‘straniero’ aveva nei suoi anni di maggior gloria, cioè nord/mitteleuropeo prima dell’89 ed anche esteuropeo dopo, benché il mito resterà sempre legato alla Scandinavia.
Già, perché lui non approfittava delle ragazze; le amava, tutte, qual più qual meno, anche se per breve tempo, perché amava l’amore, cioè amare, cioè vivere; il più possibile.
Certo, lavorare in un locale aiuta a sedurre (un ‘risulto di ruolo’, arricchendo il gergo della Riviera), ma il plus era la sua personalità, che non ti aspetti: un vulcano di giovialità e di modi cortesi sotto quell’aspetto un po’ kitsch, che comunque contributiva la creare il personaggio, quando per piacere alle ragazze bisognava farle sorridere e trattarle bene, essere originali, estroversi, ma al contempo corretti, gentili e allegri..un po’ il contrario di quello che ahimè piace oggi.
Zanza: parola chissà, forse nata dalla fantasia di una delle sue amanti per vezzeggiare il cognome e diventata sostantivo (e pure declinata in forma verbale), riconosciuta anche dalle diaboliche tastiere a scrittura assistita; ahimè con connotazione ingiustamente negativa.
Zanza, amarcord di tempi più genuini e più sani, di quando le donne consideravano ancora il corteggiamento non una molestia ma una gradita forma d’arte e le avances non un attentato alla dignità ma un gradito appezzamento, di quando il sesso era tanto negato e ‘proibito’ (almeno dalle nostre parti) e quindi tanto ricercato e voluto, di quando non ci si inibiva per possibili infezioni ma semmai ci si cautelava e proteggeva, di quando si poteva ancora parlare con le ragazze da sconosciuti (e non attraverso due tastiere,due schermi,due computer) e queste ne erano ben contente, di quando Amore Latino e italians do it better erano in Europa spot pubblicitari ben più efficaci di tante ingegnose strategie di promozione turistica.
Per la cronaca, forse pochi sanno che per un periodo ha tentato di replicare la formula romagnola d’inverno, a Cervinia 2000metri di altitudine, sci e neve ed asperità tutt’intorno con guanti e piumino, un romagnolo di costa era un pesce fuor d’acqua e non poteva avere grande successo, se non con qualche teutonica ben motivata.
Già, perché Zanza era un uomo solare, nonostante vivesse prevalentemente di notte, sempre abbronzato, simpatico e aperto e cordiale come forse solo i romagnoli sanno essere.
Le leggende, dal volante dell’auto ricoperto di pelo di lupo ai numerosi fidanzati o mariti di donne nordiche che trovavano nei comodini di queste più di una sua fotografia, chissà se sono vere e comunque più che minarne la fama, la rafforzano.
Con quel suo look bizzarro e selvaggio un po’ Abba e un po’ beach boy, un po’ disco dance e un po’ pirata al quale è sempre rimasto fedele nonostante alcuni dettagli fossero diventati totalmente démodés, ha avuto nei decenni innumerevoli tentativi di imitazione, ovviamente tutti mal riusciti e ben lontani dal successo dell’originale; e dal suo innegabile fascino.
Già, il fascino a dispetto delle bellezza, della ricchezza, della conformità, dello status, dell’opportunità, il fascino che un tempo era fattore di seduzione e ora non interessa più, se non forse a qualche nostalgica donna agée.
La miglior prova contro malfidenti e denigratori?  La sua morte, un giorno qualunque di fine stagione, ovviamente in compagnia di una giovane ragazza, in camporella (come si diceva/usava anni fa), ma in auto (altra pratica ormai desueta) ché ormai le notti sono fresche, nella sua terra, nella sua Rimini, in suprema allegria.
Proprio quella morte che forse avrebbe voluto scegliere.
Chi passa sul lungomare di Rivazzurra e Miramare e riesce ad astrarsi dai cafoni e peggio che oggi lo affollano, può ancora vederti lì, fuori dal tuo Blow Up, intento ad affabulare una bella turista, peraltro già persa nel tuo sguardo sorridente.
Ciao Maurizio

Il Conte, settembre 2018 – © Mozzafiato

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