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Quel funerale non s’ha da fare

Si è persa un’occasione di emancipazione.

Siamo rimasti al sesso come peccato. Anzi, vi siamo tornati, ché ultimamente si era notata qualche apertura.
Sesso gioviale, spontaneo, per piacere, senza contropartite monetarie, ben voluto da tutti i partecipanti s’intende (e pure ‘secondo natura’, se la cosa può avere qualche rilievo); cioè amore, il quale non si misura in durata, ma in intensità ed in intenzioni. 
Quel sesso, quell’amore che vorrebbero fare ed avere tutti e tutte (o quasi) e poi ciascuno pratica ed ottiene per quello che riesce.
Qualcuno ne ha fatto molto di più e più promiscuamente degli altri; peraltro forse in proporzione solo poco di più e più promiscuo di quello che fanno neppure troppo nascostamente i giovanissimi d’oggi e forse anche meno di quello che fanno da sempre i professionisti del sesso.
Però lo ha fatto suscitando eco pubblica  e creando un fenomeno di costume, peraltro neppure più in voga.
Sarebbe forse il tempo di riservare la parola ‘peccato’ al crimine e alla  malvagità e la qualifica canonica di ‘peccatore manifesto’, con le canoniche conseguenze, ai loro officianti.
Non si tema il ‘clamore mediatico’ quando è entusiasmo, stima e affetto per chi non è qualcuno di costoro.
Chissà, forse c’era qualche fattore ostativo sconosciuto ai più, ma se così non fosse, a nessuno sfugge il sospetto che semplicemente non si sia voluta avallare una vita ritenuta ‘peccaminosa’; che è comunque il messaggio che è passato.
L’antefatto? Il funerale religioso (ammesso che l’interessato ne fosse poi interessato, ma la famiglia sembra di sì) che una parrocchia ha negato a quel riminese (lì battezzato e cresimato) dall’animo buono che pochi chiamavano Mauro e tutti chiamavano Zanza.
Per fortuna il Cielo vede e provvede: il funerale, molto sentito, affettuoso e partecipato c’è stato, altrove ma sempre in città, con tanto di richiesta di onorificenza civica e con tanto di sepoltura vicino a Fellini.
Speriamo che non si (ri)cominci a considerare peccato anche la dolce vita.

Il Conte, settembre 2018 – © Mozzafiato

Ufficio Stampa