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RISO AMARO

Mia mamma è siciliana, esattamente di Noto, splendida cittadina vicino a Siracusa.

Ritengo che nel suo centro storico ci sia l’espressione artistica del più bel barocco del nostro paese.

Oggi, Noto è salita maggiormente agli onori delle cronache, per l’imminente matrimonio di due influencers, entrambi tatuati sulla pelle e nel cervello.

Ho provato in quasi cinquant’anni di vacanze nella splendida isola materna tutti i tipi di arancini, da quelli della tradizione con ragù e piselli, a quelli sorprendentemente creativi.

Da quelli che si mangiano a Palermo il 13 dicembre per la Festa di Santa Lucia e che  si consumano a colazione al posto del cappuccino, antica tradizione del capoluogo siciliano, a quelli riconosciuti come tra i migliori dell’isola, alla Pasticceria Savia di Catania.

Anche il sottoscritto, quando è vissuto in Sud America , li ha cucinati, con eccellenti risultati nel suo ristorante (un pò di sano ego, necesse est).

Ma, non avrei mai mangiato quelli offerti dai coloro che manifestavano sul molo della Diciotti.

Perché sono arancini falsamente intrisi di buone intenzioni, come quelli offerti da coloro che hanno appena terminato  di governare la nostra nazione.

Forse quelle stesse persone avrebbero fatto bene, come nel finale del film “Riso Amaro”, dove le mondine versano del riso sul corpo di Silvana Mangano suicida, a versare un pugno di riso su tutti gli italiani suicidi per la rigidità senza senso dell’ Agenzia delle Entrate o di leggi come quella della Fornero, che hanno ridotto gli italiani agli stenti, quasi simili a quelli del dopoguerra.

 

Baldassarre Aufiero, agosto 2018 – © Mozzafiato

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