Il povero non imita più il ricco, né in fondo ambisce più ad esserlo.
Quando esisteva ancora la classe media,questa faceva in piccolo le stesse cose della classe agiata e cercava di comportarsi allo stesso modo; riuscendovi più o meno bene, a volte goffamente, ma almeno sforzandovisi. Analogamente facevano quelli ancor più modesti: desideravano apparire quanto più simili possibile ai loro anteposti. Gli impiegati si affannavano per sembrare non troppo dissimili dai propri dirigenti, questi sembravano degli executives mal riusciti e così via a salire.
Per non parlar poi dei costumi: il grezzo non perdeva occasione (se e quando l’aveva) per raffinarsi, come l’ignorante per istruirsi; o quantomeno per camuffarsi da gentiluomini gli uni e da acculturati gli altri.
Ora che il piccolo borghese è in via di estinzione (chissà per quale motivo o progetto socio-politico sembra sia diventato il nemico principale delle Amministrazioni Pubbliche, non solo nazionali), il povero ostenta la sua poveritudine, il grezzo la sua grezzezza e l’ignorante la sua ignoranza.
Non hanno più alcun desiderio di upgrade; e il peggio è che quasi sempre non è una rinuncia per impossibilità o per rassegnazione, ma una scelta difesa con orgoglio e fin motivo di vanto.
Vi sono anzi e paradossalmente non pochi benestanti che cercano di scimmiottare comportamenti popolari, riuscendovi peraltro così malamente da farsi immediatamente riconoscere; e deridere.
Una società siffatta non può che essere in piena decadenza e orientata al ribasso anziché al miglioramento,come dovrebbe essere naturale; e anche qui il peggio è che neppure se ne accorge.
Parafrasando un saggio ma ormai antico e desueto motto educativo:
“Non è il superiore che deve abbassarsi, ma l’inferiore che deve elevarsi”.
Mai monito fu più disatteso.