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Un talento di cultura poliedrica

Giorgio Gaber…che dire…si rischia di banalizzare, ripetere, omettere, fraintendere, a partire da come definirlo; meglio lasciar parlare direttamente lui, come si fa con i Maestri e i Filosofi.
Del resto i grandi classici si leggono, si declamano, si ascoltano; non si interpretano…sanno già trasmettere ed emozionare benissimo autonomamente.
Solo una riflessione: il rammarico per la sua assenza è inferiore soltanto a quello per il fatto che nessuno dopo di lui l’ha più colmata con una figura di ugual merito, profondità, arguzia, eleganza; e pure vitalità.
Buon ricordo

Il Conte, gennaio 2023 – © Mozzafiato

Sono passati ormai venti anni da quando, il giorno di capodanno del 2003, se n’è andato Giorgio Gaber, l’inventore di quella forma di spettacolo, a metà fra la musica cantautorale e il monologo teatrale, il cosiddetto teatro canzone, che lo ha reso un punto di riferimento per una generazione, e ancor oggi le sue osservazioni sul mondo non perdono certo incisività.

Il suo era uno sguardo sempre attento al mutare, o, sarebbe meglio dire, all’immobilismo della società italiana, che ha efficacemente tradotto in trovate musical-teatrali sempre argute e spiazzanti.

In uno dei suoi ultimi spettacoli, E pensare che c’era il pensiero, Gaber denunciava quella che definirei l’”ottusità di ritorno” che già stava dilagando all’interno di quello che un tempo era un grande paese, sia all’interno della cerchia dei politici che, per estensione, all’intera società italiana.

Lorenzo Costanzini, gennaio 2023 –  @Mozzafiato

Ho assistito pochi giorni fa allo spettacolo “Far finta di essere sani”, successo del 1973 di Giorgio Gaber, recitato al Teatro Menotti di Milano.
C’è stato un momento circa a metà spettacolo, dove gli attori e la band si sono fermati e si è sentita la voce di Gaber durante lo spettacolo originale. Improvvisamente è calato un silenzio assoluto, quasi mistico, da parte degli spettatori.
Una specie di magia, quella che a teatro succede quando sei rapito da un momento emozionale così intenso, da essere tramortito.
In quel silenzio c’era la stima, l’affetto, la devozione per un artista immenso.
Personalmente adoro due canzoni di Giorgio Gaber.
La prima è legata a un momento storico difficile del nostro Paese, dove Giorgio Gaber, come sempre, ha sottolineato senza pudori di nessun tipo, gli errori di una sinistra ormai colma di difetti e di contraddizioni.
Questa canzone è “Quando è moda è moda”.
Ultimamente l’ho fatta accompagnare ad un mio pezzo sul “Caffè” decaffeinato di Gramellini.
La seconda, che allego, è una splendida canzone d’amore: “Il dilemma”.

Baldassarre Aufiero, gennaio 2023 –  @Mozzafiato

“Chi non ha mai commesso l’errore di togliersi i pantaloni prima delle scarpe… costui non sa niente dell’amore”.
C’è un’aria, un’aria, ma un’aria, che manca l’aria.
Rispetto al denaro, io penso che se si riesce a guadagnare una lira di più di quello che è necessario per vivere discretamente si è ricchi.
C’è una fine per tutto e non è detto che sia sempre la morte.
La solitudine non è mica una follia, è indispensabile per stare bene in compagnia.
Date fiducia all’amore, il resto è niente.

Ufficio Stampa