Sabato 27 Agosto 2016 è stata proclamata la Giornata Nazionale di Lutto delle quasi 300 vittime della strage che, mercoledì alle 3:36 del mattino, ha visto i cittadini di Arquata, Amatrice, Accumoli, Pescara del Tronto e le rispettive frazioni adiacenti, tremare insieme alla terra.
La scossa sismica di magnitudo 6.0 è riuscita in pochi minuti a radere al suolo intere aree, chiese ed edifici che raccontavano la storia ed il carattere dell’Italia, ma soprattutto, in pochi istanti, quella scossa è riuscita a distruggere la vita di tutte quelle persone che ora, da un giorno all’altro, non ci sono più.
Anche chi è sopravvissuto in realtà ha perso una parte di sé, la parte più preziosa che ciascuno di noi ha, è rimasta sepolta sotto quelle macerie: la speranza, i sogni.
Al funerale delle vittime ad Ascoli Piceno, la rappresentazione del governo non poteva mancare, i visi addolorati del Premier Matteo Renzi, del Presidente della Repubblica Mattarella erano insieme a quelle bare allineate di diverse misure, piccole e grandi.
Ed è proprio in questi momenti, in cui la fede viene meno, che ci si rende conto quanto l’uomo sia piccolo davanti al potere della natura, ma, è proprio in questi momenti che ci si domanda: si potevano limitare i danni?
Si potevano, grazie alla tecnologia che l’essere umano ha saputo creare, o almeno evitare, per lo meno, contenendo i numeri di quelle anime strappate troppo presto alla vita? Il confronto con il Giappone (ma non solo), viene naturale, essendo uno dei paesi al mondo con il più elevato rischio sisma, che grazie alle costruzioni antisismiche, isolatori, ammortizzatori, pilastri rinforzati e l’utilizzo di materiali elastici capaci di assorbire le onde d’urto, sono riusciti a limitare i danni che un terremoto di tale intensità può creare.
In Italia si dovrebbe imparare a non vivere alla giornata ma pensare un po’ di più al futuro, perché se avessero apportato dei miglioramenti, dei supporti in queste zone considerate nella mappa nazionale “zone sismiche 1” , in cui la possibilità di un terremoto è molto alta, oggi, forse, i volti sorridenti dalle fotografie delle vittime (pubblicate di recente), potevano continuare a brillare di propria vita, anziché rimanere congelati per sempre, in quelle immagini di vite rubate dalla solita indolenza che da sempre ci si trascina dietro.
Marianne Perez Lopez, agosto 2016 – © Mozzafiato
βίος και θάνατος
Il vescovo di Ascoli celebrando i funerali ha affermato di aver visto nelle due sorelle abbracciate la Vita e la Morte.
Giorgia viva e Giulia morta, ma ha vinto la Vita, ha aggiunto.
In quell’abbraccio non c’erano solo la vita e la morte, ma sopratutto l’Amore.
L’amore di due sorelle espresso in una abbraccio di protezione, di sopravvivenza, di tenerezza familiare.
Perché non esiste distinzione tra la Vita e la Morte, se non c’è l’Amore.