Bisogna essere chiari: la violenza è violenza. Un omicidio non “conta di più” se la vittima è un ragazzo afroamericano o un poliziotto.
Il razzismo affligge il mondo da secoli, ma si diversifica per tempo e luogo. In America, in questi anni, appare sottoforma di violenza da parte dei poliziotti su alcuni cittadini americani, come in Louisiana e Minnesota tra il 5 ed il 6 Luglio.
Ci sono video, girati dalle persone circostanti con i loro cellulari, che lo dimostrano. La situazione, se possibile, è ancora più grave ed è degenerata anche sull’altro versante, portando un folle, Micah Xavier Johnson, a tendere un agguato alla polizia di Dallas e ad uccidere cinque agenti, proprio durante una manifestazione contro la violenza sui neri, del movimento “Black Lives Matter”. Ora chi si batte contro i soprusi di alcuni poliziotti, che non si può appunto definire altro che razzisti, può effettivamente essere classificato come “difensore di persone come Micah Johnson”.
Non è giusto, anzi è sbagliatissimo, ma è quello che succede. E’ accaduto ad una partita di WNBA, la Lega di basket femminile americana, quando i poliziotti presenti nell’arena si sono rifiutati di continuare a svolgere il proprio compito appena si sono accorti che le giocatrici indossavano, nel riscaldamento, delle T-shirt a supporto del movimento BLM.
“Il razzismo non è finito” ha detto Barack Obama, rientrato in anticipo dall’Europa per parlare ai funerali dei cinque agenti a Dallas.
E la violenza non può mai essere una risposta, tanto meno in questo caso, quando viene rivolta verso un’ampia categoria, quella dei poliziotti, che al proprio interno include anche la minoranza etica che si sta cercando in qualche modo di “vendicare”. David Brown, capo della polizia di Dallas, è per esempio un afroamericano e, giusto perché il caso probabilmente si diverte a seminare coincidenze, è anche padre di un ragazzo rimasto ucciso proprio per mano degli agenti (anche se non in un caso analogo, ma dopo che lui stesso aveva assassinato due persone). Forse anche per questo Brown ha suscitato la simpatia dell’opinione pubblica, che ha ammirato le sue parole dopo gli avvenimenti di Dallas ed ha iniziato, su Twitter, una catena di cinguettii che lo propongono come Presidente USA. Irrealizzabile, ovviamente.
L’ufficiale è però la prova vivente che poliziotti ed afroamericani non fanno parte di due universi paralleli, bensì della medesima società, dello stesso Stato e, a volte, si uniscono in una stessa persona. Ed è proprio questo che lo stesso Brown vorrebbe promuovere, esortando chi protesta contro la polizia, per il movimento BLM, ad unirsi invece alle forze dell’ordine e dare il proprio contributo attivo al cambiamento.
Senza stupidi pregiudizi, provengano essi dall’una o dall’altra sponda, che, disgraziatamente, sono comunque lontani dall’essere debellati.
All Lives Matter, è quello che tutti dovrebbero tenere a mente.