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RIVOLUZIONE O STRATEGIA?

È già trascorso più di un mese, da quando quella terribile sera del 15 luglio 2016, ad Ankara e Istanbul, tra scontri e bombardamenti ha avuto luogo il golpe di stato da parte di un gruppo di pochi ufficiali dell’esercito, per dirottare il governo autoritario (improntato specialmente sull’islamizzazione del paese), dell’attuale Presidente della Turchia: Recep Tayyip Erdogan.

Più che un golpe si potrebbe definire una rivoluzione improvvisata, in quanto il gesto sembra essere stato avventato e colmo di errori.

Alcuni ipotizzano sul fatto che il golpe possa anche essere stato frutto di una strategia dello stesso Erdogan per acquisire più forza ed eliminare i suoi oppositori, i suoi nemici.

Durante la notte di quel venerdì hanno perso la vita quasi 300 persone tra golpisti, poliziotti, soldati e civili. Questi ultimi sono stati invitati a scendere in piazza dallo stesso Presidente che, dopo essersi messo al riparo su un aereo privato, prima di mezzanotte era riuscito a mandare un messaggio ai suoi sostenitori attraverso la CNN Turkey, chiedendo alla popolazione di sostenere il governo.

Ad essere stato accusato, definito “la mente” di questo principio di guerra civile, è emerso il nome dell’Imam Fethullah Gulen, (politologo turco, predicatore e autore di ben oltre 60 libri), che dal 2013 è passato da suo alleato ad acerrimo nemico e oppositore del Presidente.

Gulen è ormai da anni rifugiato in Pennsylvania, e nonostante sia accusato, con la richiesta di ben 2 ergastoli, lui continua a dichiararsi innocente e all’oscuro di quanto accaduto quel 15 Luglio.

4847_zamanNel frattempo in Turchia, Erdogan ha dato ordine a scuole e biblioteche del paese di distruggere  qualsiasi tipo di pubblicazione/ libri, collegati al suo oppositore, in quanto considerato “propaganda terroristica”.

Oltre ad incolpare  Gulen, il Presidente sta facendo piazza pulita in Turchia, concedendo a ben 38 mila detenuti la libertà vigilata per far spazio nelle carceri a tutti coloro che hanno agito direttamente o indirettamente nell’intento di rovesciare il suo governo.

Centinaia di componenti dell’esercito, giudici, giornalisti che non dipingevano i fatti come lui avrebbe voluto e tanti altri suoi oppositori, non solo hanno perso il proprio posto di lavoro, ma a loro è stata chiesta addirittura la pena di morte. Il golpe, quindi, sembra essere stata la scusa che aspettava per potersi liberare dei suoi nemici ed oppositori, quella scusa in più per assicurare ulteriore forza alla sua “dittatura”.

 

Marianne Perez Lopez, agosto 2016 – © Mozzafiato

Ufficio Stampa